Recensione “Ionùda” di Mariangela Maio

 

 

 

 

Se il poeta finge il suo dolore, come scriveva Fernando Pessoa, egli non è da intendersi il penitente che cinge la carne col cilicio per santificare le sue preghiere, piuttosto è il mistico che non rifugge la sofferenza, nonostante non ne sia in cerca, accogliendola come condizione stessa dell’esistenza che si scopre poesia. E l’autrice di quest’opera non soltanto non si sottrae a questo gioco al massacro, anzi, offre il proprio sé alla mancanza che è sconforto e attraverso i versi ritenta la risalita alla totalità perduta, alla sottrazione subita, annunciando da subito, in quell’Ionùda che è titolo della raccolta, la condizione essenziale con cui iniziare il proprio pellegrinaggio.

Una raccolta di poesie che crea sofferenza nel cuore ma che acquieta l’anima.

Poesie che dalla sofferenza traggono ispirazione, che pongono l’autrice davanti a noi, nuda e svestita dei sentimenti più forti.

Poesie che lasciano il segno, che trafiggono un cuore in pena, che creano quel caos mentale e dissetano un’anima affranta.

Tra le mie preferite “Solo respirare”, con il valore dato al silenzio, “E’”, con uno strano concetto di esistenza, “Ionuda” e la sensualità tra le righe, ed infine “Cuore in Apnea” e “Leggera”.

Un regalo sotto l’albero per chi ama le poesie, per chi tra i versi trova le risposte.

firma Anna

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