Recensione “Il giorno in cui abbiamo pianto” di Gianfranco Cefalì

 

 

 

La strada del ricordo è un dedalo tortuoso in cui affrontare i mostri del proprio passato, lo sanno bene i protagonisti di questa storia: lei, prostituta che ripercorre giorno dopo giorno le ragioni delle proprie scelte e lui, un uomo spezzato che deve cercare di vivere nonostante le proprie azioni. Entrambi portano i segni indelebili di decisioni prese e subite, entrambi cercano nella memoria la via di un’assoluzione che giustifichi le loro esistenze. “Il giorno in cui abbiamo pianto” racconta di cosa succede quando la vita di un uomo senza più nulla da perdere e quella di una ragazza in procinto di dire addio a quanto più ama al mondo camminano parallele lungo un percorso fatto di viaggi in macchina, musica e profonda riflessione.

Un libro introspettivo, “tortuoso”, enigmatico e abbastanza complesso.

Un viaggio attraverso le esperienze di una prostituta e di un uomo “rotto”.

“Ora ti racconto come ho iniziato a fare la puttana punto e basta”, inizia così il libro e, tra racconti sulla propria pelle e sulle note di canzoni famose, viaggeremo tra ricordi e vicende surreali di questi protagonisti che viaggeranno e non poco prima di approdare alla fatidica “pace”.

Parole che si susseguono lasciando al lettore perle di saggezza sulla vita, racconti reali e metafore per trarne una giusta morale.

“Altri cominceranno a saltare senza un vero motivo… Tutti i lividi rimarranno indelebili, saranno sempre più convinti che saltare sia il modo più facile per raggiungere la sponda opposta, ma ignoreranno sempre la distanza giusta… Tutti non capiranno che saltare è anche il modo più facile per cadere.”

Riflessioni, parole, pensieri di persone che non hanno più nulla da perdere.

Una mano sul cuore, una mente confusa da mille frasi e parole ed un libro che spiazza e confonde l’anima.

ELEONORA

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