Review tour “Per la brughiera” di Martina Tozzi

 

A Haworth, un remoto paesino dello Yorkshire, immerso nell’impervia brughiera, un giovane reverendo, Patrick Brontë, resta vedovo con sei figli ancora piccoli di cui occuparsi. I fratelli trascorrono così un’infanzia isolata, nella tetra canonica piena di spifferi, circondati dalla natura e immersi nei loro giochi, sostenuti nella solitudine da un’immensa fantasia, che permette loro di lasciare la brughiera e di vagare nei reami fantastici dell’immaginazione. Lettori avidi e curiosi di tutto ciò che li circonda, i bambini riescono a trasformare la loro quotidianità spesso monotona in avventure esotiche. Charlotte e Branwell sono ambiziosi, cercano un riconoscimento per la loro arte e si sentono andare stretti la canonica in cui sono cresciuti; Emily è libera e amante della natura, selvatica come la sua diletta brughiera; mentre Anne è la più tranquilla e dolce, ma allo stesso tempo risoluta e responsabile. In un’epoca in cui il destino di una donna è quasi sempre quello di essere una moglie e una madre, le tre sorelle rivendicano la loro indipendenza e, guidate dall’intraprendenza di Charlotte, riescono ad affermarsi in un mondo quasi esclusivamente maschile, mettendo sulla carta i loro fantastici mondi interiori,

 

Onorata e piena di gratitudine per aver avuto il privilegio di posare gli occhi su questo romanzo in anteprima, sono quasi timorosa di non rendergli giustizia, tanta è l’emozione nel recensirlo.

 

Queste giornate d’autunno ci mettono nella condizione mentale e spirituale per accogliere la lettura di “Per la brughiera”; prendetevi un tè, una coperta e preparatevi a fare un viaggio nel tempo, a quando la vita scorreva lenta e la fantasia poteva vagare nutrendo giovani menti.

Credo non esista al mondo persona che non abbia mai sentito parlare delle sorelle Brönte, ma della loro storia famigliare ne avevate conoscenza?

Questo magnifico romanzo ci prenderà per mano portandoci nel 1800 quando i fratelli Brönte (Maria, Elizabeth, Charlotte, Branwell, Emiliy e Anne) erano ancora in tenera età e ci racconterà il percorso delle loro vite fino alla loro dipartita.

Maria, la loro mamma, si ammalò troppo giovane lasciando prematuramente i suoi figli, la più grande aveva solo 9 anni… Sei bambini senza madre, cresciuti solo dal padre, Patrick Brönte, pastore della chiesa.
Non si può nemmeno immaginare lo strazio degli ultimi mesi di vita di una donna, del pensiero costante per suoi bambini, i suoi poveri bambini, che cresceranno senza l’amore materno, e per un marito che rimarrà vedovo così giovane e col peso di dover coprire entrambe le figure genitoriali.

Quando il reverendo si renderà conto di non riuscire a sposarsi nuovamente, deciderà di mandare le sue figlie più grandi in collegio, ma la mala gestione, la malnutrizione e le malattie saranno fatali.
Queste bimbe alle quali la vita ha sottratto dapprima la madre, poi la loro casa e gli affetti si ritroveranno alla mercé di persone senza scrupoli, dovendo subire umiliazioni, il freddo, la fame e la malattia.

A ogni lutto i fratelli dovranno raccogliere i pezzi e ritrovare quell’equilibrio spezzato dalla lontananza e dalla perdita.

 

Sono sempre stata assertrice del fatto che la noia sviluppi la fantasia più di tante sollecitazioni e capire quanto questa mia convinzione sia stata la regola per i fratelli Brönte mi ha rallegrato. Sognare di mondi lontani senza aver mai messo piede fuori dal luogo natio, parlare di avventure e amori senza che ancora questo avvenisse nelle loro vite, è stato sorprendente. La vita poi cercherà, a turno, di allontanar li da casa, ma il loro pensiero sarà sempre quello di ritornarvi, per poter continuare a passeggiare oziosamente nella brughiera, carezzare uno dei loro amati animali da compagnia, essere nutriti dall’amore e dai cibi familiari.
Le menti fervide e voraci dei fratelli Brönte sono state in grado di creare giochi sempre nuovi e storie più intraprendenti; il padre si beava dell’intelligenza e arguzia dei suoi figli, ma il senso del dovere gli imponeva di soffocarne il genio riportandoli coi piedi per terra.

Le fanciulle entreranno ed usciranno da collegi per potersi creare un’ istruzione che consentirà loro di rendersi indipendenti, ma diverranno istitutrici insoddisfatte col sogno di poter vivere della loro scrittura.
Ma il talento dei fratelli Brönte vibra e arde come la brace che non aspetta altro di divampare in un fuoco. Solo Branwell, in quanto uomo, potrà continuare a vivere alla canonica sentendosi da una parte fortunato ma altresì smanioso di fare nuove esperienze potendo permettersi di sottoporre i suoi componimenti alle menti illustri dell’epoca. Le sorelle invece, in quanto donne, non potranno avere la presunzione di potersi dedicare alla scrittura per mantenersi, era opinione comune che questo le avrebbe distratte dal loro compito principale: essere buone mogli e madri. E le ragazze Brönte si scontreranno contro questo muro più e più volte.

Grandi amanti degli animali e della natura, appassionate conoscitrici dell’animo umano, le sorelle possono essere considerate anche delle paladine che lotteranno per conquistare un briciolo di emancipazione femminile. L’amore sfiorerà solo le vite di alcuni di loro, ma saranno comunque in grado di impregnare i loro racconti di quel sentimento che sarà ai loro occhi così idealizzato da aver difficoltà a riconoscerlo nella vita reale.

Cime tempestose è stato “IL” romanzo che ha turbato la ME ragazzina di 13 anni, scatenandomi sentimenti così inquieti da farmelo considerare, a distanza di 40 anni, fra i più belli letti nella mia lunga “carriera” da lettrice.

Potete quindi immaginare la mia emozione quando, nel corso del racconto, ho potuto intravedere Emily pensare di mettere su carta quel romanzo che le ronzava in testa. Mi sono commossa quando ha nominato Heathcliff per la prima volta, realizzando che il capolavoro stava per prendere forma.
È stato come essere una viaggiatrice del tempo invisibile, seduta nell’angolo di quel salotto dove le sorelle erano solite camminare intorno al tavolo creando su di esso componimenti potenti!

 

Verso la fine il cuore si stringe sempre più, è stata una famiglia tremendamente sfortunata, con la morte che vagava sempre nei pressi della canonica; ho sentito il loro dolore farsi mio, ho pianto così tanto da cercare consolazione confidandolo all’autrice che, nemmeno a dirlo, mi ha confessato di aver provato lo stesso strazio scrivendolo.

Leggendo questo romanzo non si può credere sia stato appena redatto, i modi e il ritmo sono così in sintonia con la storia, lenti e oziosi, che ci insegnano qualcosa che ormai non ci appartiene più in questa vita frenetica. Il nostro cuore rallenta il battito, il respiro si fa più profondo, si alzano gli occhi dalle pagine scorgendo le foglie ingiallite al di là della nostra finestra, si accarezza un gatto accoccolato sulle nostre gambe, una tisana calda è al nostro fianco. Si prende coscienza che nella vita ci serve veramente poco per poter essere sereni con noi stessi, e ringrazio l’autrice per avercelo ricordato e per averci donato questo lavoro sopraffino consapevole dell’imponente lavoro di ricerca che ha dovuto compiere.

 

 

Anna

firma Claudia

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