Release Blitz “Il Pesci prende all’amo il toro” di Anyta Sunday

 

 

 

Series: Segni d’Amore #4

Publisher: Anyta Sunday

Release Date: December 2nd, 2019

Length: 64000 words / 300 pages

Subgenre: contemporary gay romance

Warnings: none

All buy links or pre-order links: https://www.amazon.it/dp/B081779PZD/

È tempo di cercare e trovare, Pesci: continuate a gettare il vostro amo e la preda a cui puntate abboccherà.

Zane ha un piano ben preciso: un Magico Incontro, innamorarsi e vivere per sempre felici e contenti.

Dovrebbe essere piuttosto semplice, se ci si impegna. Gli basterà usare un po’ di creatività e pensare fuori dagli schemi et voilà, sarà sposato con la donna dei suoi sogni.

Sarà perfetto.

A patto che succeda prima che gli scada il visto.

Ma perché è in balia di un turbine di sentimenti, ora che è sotto pressione? Perché il suo piano perfetto si è tramutato in un’enorme confusione di metafore che non riesce più a decifrare?

Per fortuna ha conosciuto un professore d’Inglese che può aiutarlo. E, nonostante il loro primo incontro sia tutt’altro che magico, quest’insegnante senza grilli per la testa è probabilmente la persona realista di cui Zane ha bisogno per tenere i piedi per terra e, alla fin fine, avere l’occasione di trovare l’amore.

Non lanciate l’amo troppo lontano, Pesci. La vostra preda perfetta potrebbe avere già abboccato.

~ – ~ – ~

Il Pesci prende all’amo il Toro” (Segni d’Amore #4) è una commedia romantica MM in cui gli opposti si attraggono, con protagonisti un inguaribile romantico e un realista disilluso.

Più umorismo, battibecchi e battutacce… e un amore a “cottura lenta” che vi lascerà senza fiato!

Il libro è autoconclusivo.

Tematiche: da amici ad amanti, cottura lenta, lo faranno o non lo faranno

Genere: New Adult, gay romance contemporanea e scanzonata

Zane si premette contro la staccionata fredda per lasciarle passare. Picchiettò i palmi sulle punte arrotondate e sorrise a Darla. «Sono Zane,» le disse sopra il chiacchierio in allontanamento. «Spero che avrai bisogno di ricordarlo.»

«Lo marchierò a fuoco nella memoria, Zane.» Darla lo studiò quasi fosse una vignetta a tutta pagina. «Sì. Sei esattamente ciò di cui un toro spezzato ha bisogno.»

Un toro spezzato? Di che parlava quella vecchina dolce e stramba?

«Ama la letteratura,» continuò lei, tra un colpo di tosse e l’altro. «Vuoi un consiglio? Parla di libri. Parla di Dostoevskij e Toy Story

Dosto-vattelapesca o Toy Story. Non aveva idea che Toy Story fosse tratto da un libro. Fortuna che aveva visto il film. «Grazie della dritta. Terresti d’occhio le mie cose?»

«Certo,» gli assicurò lei. Zane superò la soglia e la voce della donna lo seguì all’interno. «Se qualcuno prova a rubarle, rispolvererò il Krav Maga.»

 

«Cos’è quella roba

La madre e gli altri invitati se n’erano andati, e Beckett aveva portato Zane e i suoi averi terreni in una mansarda con le travi a vista, illuminata da una lampada con interruttore a catenella.

Zane appoggiò scatolone e valigia contro una parete inclinata. Il piccolo ambiente vuoto conteneva un lucernario, un baule e un basso futon. Il pulviscolo brillava sotto la lampadina ondeggiante.

Beckett indicò lo scatolone, un sopracciglio inarcato.

Zane distese il tappeto sul pavimento e ne lisciò le pieghe. Beckett fissò a bocca aperta l’orso, posizionato come se stesse per mordergli una caviglia.

«Mi sembrava romantico,» sospirò lui. Si accucciò sui talloni, il pelo morbido contro le ginocchia. «E ora mi tocca tenermelo.»

«Sono cose che mandano in bestia

Zane sorrise. «Dimmi un po’, cos’è questa passione per le battute brillanti?»

«Battute brillanti. Bell’allitterazione. Mi piace giocare con le parole.» Beckett aggirò l’orso e indicò la mansarda. «Le assi di legno scricchiolano, per il bagno devi scendere la scala a pioli. Mia sorella tornerà dall’Europa giovedì e verrà a stare qui finché non si troverà un appartamento. Il divano è troppo piccolo per te, quindi…»

«Non ho nessun problema a dormire con a te.»

Beckett si passò una mano tra i capelli e spostò lo sguardo prima verso il letto, poi verso il lucernario. «Nessuno dormirà con nessuno.»

Messaggio ricevuto. Aveva un paio di giorni per trovarsi un’altra sistemazione… o convincerlo che dormire insieme sarebbe stato divertente.

Tirò fuori la tavoletta grafica e il pennino dalla loro custodia imbottita. «Vuoi raggiungere i tuoi amici allo Chiffon? Di qualsiasi cosa si tratti.»

«È un locale dove noi professori beviamo Pinot Noir e pontifichiamo sulle gioie dei giochi di parole.»

«Uhm…»

«È un pene party pretenzioso.»

Zane si voltò, armato dell’occorrente per concludere, o modificare, il fumetto. «Sembra proprio un… picnic?»

Gli angoli della bocca di Beckett si sollevarono. Zane mollò i dispositivi elettronici sul letto e si avvicinò al professore.

Picchiettò con un dito sulla macchia a lato del bavero del blazer. «La prova che hai sputacchiato il vino mentre ci scrivevamo? Se vuoi posso fartelo lavare a secco.»

«Non è stata colpa tua. Ci penserò io. La userò come scusa per comprarne un altro.»

Zane colse una zaffata del profumo pulito di Beckett, con una sottile nota di dopobarba. Gli occhi azzurri incrociarono i suoi, curiosi ed esitanti.

Un grosso ragno nero fece bungee-jumping dalla trave sopra di loro e penzolò davanti alla faccia di Zane, che staccò le dita che ancora indugiavano sul petto di Beckett e si spiaccicò contro il muro.

«Non mi dirai che un omone grosso e vigoroso come te ha bisogno che gli levi quel brutto mostriciattolo di torno?»

«Un grosso e vigoroso sì.»

Con qualche movimento preciso, Beckett catturò la bestia pelosa tra le mani. Folle ma eroico.

Il letto stridette quando ci si chinò sopra. Zane gli gattonò accanto, aprì il lucernario e indietreggiò rapidamente mentre lui liberava il ragno. «Le lenzuola sono pulite e per la colazione serviti pure.»

Lenzuola pulite e colazione? Delizioso. Zane però era preoccupato dei ragni suicidi. Studiò il soffitto e rabbrividì. «Credi che ce ne siano altri?»

La finestra si chiuse, tagliando fuori l’aria fresca. «Saresti più tranquillo a dormire con il mio gatto?»

L’attenzione di Zane si spostò sulle mani che stavano bloccando il passante. Dita lunghe, agili, sicure. «Sarei più tranquillo a dormire con te.»

Beckett emise un verso strangolato, balzò giù dal letto e sfrecciò verso la scala a pioli. «Buonanotte, Zane,» lo salutò e sparì dalla vista.

Lui gli gridò dietro: «D’accordo, prenderò il gatto.»

 

«Luke è saltato alla conclusione che stiamo insieme per conto suo. L’avrei corretto, se non avesse fatto tutte quelle storie sul non toccarti in sua presenza. Ha detto che sarebbe stato strano.» Scrollò le spalle. «Mi ha infastidito. Non ha nessun diritto di decidere se posso o non posso starti attorno. Sono affari nostri, non credi?»

Beckett si appoggiò allo stipite. «Ciò che facciamo insieme, se ci tocchiamo, baciamo, dormiamo nudi, facciamo sesso o meno, è decisamente affar nostro.»

Zane deglutì, lo sguardo che indugiava sulla sua postura rilassata. «È…» Si schiarì la voce. «Proprio quello che pensavo.»

Beckett si spinse via dalla porta con la pianta del piede e Zane respirò così a fondo che il petto gli si gonfiò all’inverosimile.

Si passò una mano tra i capelli. «A volte, mi sembra di…»

«Di?» Beckett non arretrò, né avanzò. Rimase fermo, paziente come al solito.

«Aver bisogno di un bagno.»

Zane si voltò e sparì dentro casa.

Accendere la luce del soggiorno fu un errore. La sciarpa, i leggings e la biancheria di pizzo di Leah erano sparpagliati sulla mobilia, dando l’impressione che se la fosse spassata parecchio e poi non si fosse preoccupata di riordinare.

Beckett entrò dietro di lui e imprecò.

Zane era arrivato giusto alla poltrona quando il suono della rete del letto che cigolava su nella mansarda gli assalì le orecchie. Gesù, se era rumoroso.

Cioè, rumoroso da paura.

Non che fosse mai stato un fan di quella rete scricchiolante ma, attraverso il soffitto cavo, era perfino peggio. Riecheggiava.

Beckett l’aveva forse sentito girarsi e rigirarsi nel letto… l’aveva sentito masturbarsi?

Lanciò un’occhiata al suo amico, che colse la sua espressione orripilata, la interpretò correttamente e attraversò in tutta calma la stanza per raggiungerlo. Zane si spostò di traverso dietro la poltrona, quasi potesse proteggerlo dalla totale mortificazione che lo affliggeva.

«Zane,» mormorò Beckett con un fil di voce.

Lui si passò le mani sulla faccia accaldata e spiò tra le dita. «L’altra notte, mentre ero, ehm, preso da quel libro pieno di paroloni…»

Beckett si fermò. «Oh, Signore benedetto…»

«Hai sentito tutto?»

Da come serrò le palpebre, era evidente che non volesse affatto discutere dell’argomento.

Be’, siamo in due.

Pian piano, Beckett riaprì gli occhi. «Sì, ti ho sentito.»

Zane gemette e si accucciò dietro la poltrona. Non avrebbe saputo dire perché non riusciva a riderci su. Con chiunque altro l’avrebbe fatto. Cavolo, l’avrebbe fatto anche con lui, fino a qualche giorno prima.

La poltrona si mosse e dall’alto arrivò una risatina. Beckett gli scompigliò le punte dei capelli e Zane sollevò lo sguardo con riluttanza. Beckett lo osservava da sopra lo schienale con un’espressione divertita. «Com’è che sei diventato timido?»

«Non lo so.»

Lo sguardo di Beckett si posò sulla sua bocca, poi tornò sui suoi occhi. «Lo sai che è una cosa normale, vero?»

«Sì. È che…» Era così e basta.

«Ti è utile sapere che l’ho fatto anch’io?»

«Mentre mi… sentivi?»

«Sarebbe un problema se rispondessi di sì?»

Gli mancò il respiro e gli si indurì l’uccello. «Ho davvero bisogno di un bagno.»

«Non di una doccia fredda?»

«Credo che dovresti raccogliere la biancheria di tua sorella dal paralume e tenerti impegnato a letto.» Alla sua risatina, aggiunse: «Con un libro

 

Finito di mangiare, Zane e Beckett entrarono in cucina e ci trovarono i piatti sporchi di un intero fine settimana. Nella stanza c’era odore di banana marcia. Beckett borbottò il nome di sua sorella, Zane invece aprì il rubinetto.

Leah voleva davvero lasciarli lì fino all’indomani? «Io lavo, tu asciughi?»

Per cominciare, Beckett portò fuori la spazzatura e spalancò le finestre. L’aria fresca purificò l’ambiente mentre loro ripulivano.

Zane, distratto a fantasticare sulla storia che stava abbozzando, trasalì quando Beckett gridò: «Che stai facendo?»

Guardò nel lavandino. «Sfregando via lo sporco?»

«Con una paglietta abrasiva? È una padella antiaderente piuttosto costosa.»

Lui aggrottò la fronte. «E io voglio pulirla.»

«Signore benedetto. Hai mai lavato i piatti prima d’ora?»

«Sto facendo letteralmente quello che ho fatto ogni sera da quando sono venuto a vivere qui.»

Beckett impallidì. «Hai già sfregato questa padella con quell’affare?»

«Come avrei dovuto pulirla, leccandola?»

«Usa una spugnetta.»

«Hai idea di quanto siano disgustose? Sono tipo duecentomila volte più sporche della tavoletta del cesso.»

Beckett si bloccò e cambiò tono. «Ed è per questo che la passi soltanto sulla tavola?»

«Esatto.»

«Per piacere, usala sulla mia padella.»

Zane mollò la paglietta abrasiva e si aggirò per la cucina con fare passivo-aggressivo alla ricerca di una spugnetta pulita.

Beckett annuì. «Grazie.»

Quel piccolo ringraziamento gli diede ancora più fastidio. Di malumore, sfregò la padella e la mise nello scolapiatti. Tuffò la pentola successiva nell’acqua, schizzandosi la schiuma sulla faccia, sul collo e sulla camicia.

Sospirò. Così imparava.

Beckett posò il piatto che aveva asciugato e lo fece voltare. Con lo strofinaccio, gli ripulì il sapone dal mento e dalla gola.

I loro occhi s’incrociarono e Zane sentì la frustrazione abbandonarlo. «Ne hai lasciata un po’,» gli disse e si spostò le sue mani sulla camicia.

Beckett scosse il capo e riprese a tamponare.

«Il nostro primo litigio.»

Le mani si fermarono.

«È una tappa fondamentale, Becky. Dobbiamo festeggiare.»

«Festeggiare che abbiamo bisticciato?»

«Festeggiare che abbiamo fatto pace.»

«Succederà ogni volta che ci irritiamo a vicenda?»

Zane fece un sorrisetto. «Me lo auguro. Sono sicuro che alcune litigate saranno più difficili da superare, però va bene così. Festeggeremo sempre in proporzione alla fatica che c’è voluta a far pace.»

Beckett riprese ad asciugare i piatti. «Duecentomila volte più sporche?»

Zane annuì. Disgustoso ma vero.

Lui si accigliò. «Magari potresti usare la mano?»

«Non saprei,» lo prese in giro Zane. «Le cose che ci faccio potrebbero rendere il tuo tegame ancora più zozzo

Beckett perse la presa sulla sua amata pentola piuttosto costosa. La bloccò tra le cosce e la infilò nel mobile.

Lo sguardo che gli rivolse era così elettrico che il resto delle pulizie volarono via in un baleno.

Una volta finito, Zane si buttò sulla poltrona. «E ora festeggiamo.»

Beckett lanciò lo strofinaccio nel locale lavanderia. «Come?»

«Dopo che avrai attaccato la lavatrice, ti lascerò parlare di libri, Becky.»

La risata del professore si espanse per tutto il corridoio. Qualche minuto più tardi, tornò con Orgoglio e Pregiudizio. Aprì la prima pagina e, passeggiando avanti e indietro di fronte a lui, pieno di grazia e con una pronuncia perfetta, la lesse ad alta voce.

Sono una grande, GRANDISSIMA fan dei romance a “cottura lenta”. Amo leggere storie dove i personaggi si innamorano pian piano.

Alcune delle situazioni di cui preferisco leggere e scrivere sono: da nemici ad amanti, da amici ad amanti, ragazzi che proprio non vogliono saperne di cogliere i segnali, bisessuali, pansessuali, demisessuali, tutti (gli altri) se ne sono accorti, l’amore non ha confini.

Scrivo storie di vario genere: romance contemporanei con una buona cucchiaiata di angst, romance contemporanei spensierati e, a volte, persino storie con una spruzzata di fantasy.

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