Recensione “Un quadro d’insieme” di Carlo Picchiotti

 

Un delitto dai contorni misteriosi; un quadro prezioso rubato e sostituito, probabilmente, con una copia; un’indagine che si snoda tra Roma, Todi e Parigi.

È questo il primo caso importante del quale Agos, un ex carabiniere che ha fondato un’agenzia investigativa insieme ai suoi due più cari amici, si trova a doversi occupare, un caso che lo costringerà ad affrontare anche ciò che per tanto tempo ha preferito ignorare e a riappropriarsi di un’identità che aveva scelto di annullare per il troppo dolore.

Un nuovo amore, il richiamo irresistibile della sua passione per l’arte e una diversa prospettiva sul passato saranno i suoi compagni di avventura, in un viaggio che porterà Agos a sciogliere non solo gli enigmi di cui è costellata la storia del quadro, ma anche i nodi che, da troppo tempo, stringono la sua stessa vita.

 

Primo caso per la AIM, l’agenzia investigativa creata da Bruno, Susanna e Agos(tino).

I tre si ritrovano a dover risolvere il caso di un quadro scomparso collegato ad un omicidio. Sarà Agostino il protagonista di punta di questo primo libro – perché immagino ce ne saranno altri, anche se non abbiamo ancora info in merito. Lui, ex carabiniere, si ritrova a dirigere le indagini in un caso che gli appartiene in quanto artista, amante di tutto ciò che riguarda la pittura e l’arte in generale.

Veniamo a conoscenza dei fatti e di diversi personaggi. Conosciamo sempre meglio i protagonisti, ma mi è mancato qualcosa, forse un approfondimento psicologico che potremmo ritrovare nei libri successivi – se ce ne saranno. Scopriamo, alla fine, il colpevole, ma non da soli: il solo e unico a capire il tutto sarà proprio Agostino. A noi non viene dato altro se non indizi lasciati lì a sopire finché non abbiamo la spiegazione finale. Mi è sembrato di rivedere le indagini di Jessica Fletcher, dove l’unica a scoprire qualcosa è lei, pur dando luce a indizi e personaggi che potrebbero essere coinvolti. Mi è piaciuto.

 

Se consideriamo il modo di scrivere utilizzato in questo libro, ci rendiamo conto di quanto ci sentiamo attratti da colori, immagini e, soprattutto dai paesaggi. Ci dividiamo tra Roma e Todi, ma soprattutto conosciamo i luoghi, descritti come se un pittore ci raccontasse un quadro. L’autore sembra voler dipingere, più che scrivere il romanzo. È bello, sì, poetico, ma troppo: troppo descrittivo, troppo concentrato sull’immagine piuttosto che sull’indagine. Capisco che il titolo renda alla perfezione l’idea del romanzo, ma mi è sembrato di perdere un po’ la concentrazione sulla storia.

La storia mi è piaciuta, è stata una lettura particolare, che mi ha attirata a volerne conoscere il finale, ma che mi ha anche spinta a volerlo raggiungere un po’ più in fretta.

 

Detto questo, attendo notizie su future indagini dell’AIM e consiglio il libro a chi ama l’arte e i polizieschi.

 

 

firma Claudia

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