Recensione “TUTTO CHIEDE SALVEZZA” di DANIELE MENCARELLI

 

Daniele ha vent’anni e questa è un’estate che non dimenticherà. Uno stanzone d’ospedale, con sei letti, è il luogo dove si ritrova quando si sveglia. Non ha idea di come ci sia arrivato, finché gli viene comunicato che è stato disposto per lui un TSO: trattamento sanitario obbligatorio, dopo che è stato colto da una crisi di rabbia molto violenta. Dovrà trascorrere sette giorni in osservazione, parlare con gli psichiatri, cercare di spiegare perché il mondo gli fa così male. In realtà Daniele è un ragazzo come tanti, dotato però di una sensibilità estrema, le sue esperienze sono un susseguirsi di picchi e abissi: possibile che nessuno si accorga di quanto siamo fragili ed esposti ai capricci del destino? Di quanto la vita sia una recita che ci allontana da come siamo davvero?

 

“Che cura può esiste per come è fatta la vita, voglio di’, è tutto senza senso, e se ti metti a parla’ di senso ti guardano male, ma è sbagliato cercà un significato?”

 

Era da tanto, troppo tempo, che volevo leggere qualcosa di Mencarelli: tutto chiede salvezza sembrava il libro fatto apposta per me.

La storia prometteva una intrigante indagine psicologica e sociale: insomma, le tematiche su cui io, da lettore, mi fiondo. Peraltro, la serie Netflix ha reso mainstream questo libro che era già stato un successo, le aspettative erano quindi altissime.

E non si può dire che il libro mi abbia deluso, ma è una storia dalla quale sono rimasto a distanza di sicurezza, che non è riuscita ad entrarmi fino in fondo sotto la pelle, non so nemmeno bene perché.

Ritengo che l’unica cosa a cui io possa attribuire questa mancanza di entusiasmo sia la “pesantezza” con cui ho vissuto il libro. Non ho mai preso “respiro” nella lettura di questo romanzo, che è peraltro molto breve, e che colpisce con la forza di un martello pneumatico.

 

“È strana la scrittura, per principiarla occorre prendere una specie di rincorsa, gettarsi a volo d’angelo nel bianco della pagina”

 

Tutto chiede salvezza è una storia che denuncia i silenzi della società, l’emarginazione, la mancanza di educazione alla sensibilità. È un libro che ti “spiega” cosa non va in una società che priva chi più ne avrebbe bisogno del bene più prezioso: il bene della parola.

Pur non essendo una delle mie letture preferite, al romanzo di Mencarelli riconosco un valore indubbio e penso che tutti dovremmo leggerlo per capire meglio i tempi che viviamo e gli errori che commettiamo nel relazionarci alle persone che hanno una sensibilità più spiccata.

 

 

Giovanni

Anna

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