Recensione “The song of life” di Eneri C.G.

 

 

 

 

 

“Le sirene esistono.
Una di loro mi ha rubato il cuore.”

1948 – Isole Fær Øer
La guerra è finita, ma Dewi Bruun la sente ancora scivolare lungo la spina dorsale come un castigo da cui non riesce a liberarsi. Angosciato dai suoi sensi di colpa e dai fantasmi di un passato troppo vicino, decide di farla finita gettandosi dalla scogliera. Ma non è la morte che lo accoglie tra le sue braccia, semmai una creatura a cui non riesce a dare un nome; il suo canto l’ha riportato in vita, stregandolo irrimediabilmente, fino a non poter pensare ad altro, se non a rivederla.
Chi lo ha salvato? E perché?
È successo qualcosa di magico, nel momento in cui le acque dell’oceano si sono richiuse sopra di lui… qualcosa che Dewi non si sarebbe mai aspettato di scoprire.

Una versione della sirenetta in chiave “moderna”, Mardoll e umano, ambientata subito dopo la guerra nel lontano 1948.

Paesaggi, colori, personaggi hanno un non so che di magico, surreale e fantastico.

Ambientazione? Isole di Faer Oer. Sirenetta? Iss. Principe Eric? Dewi. Amo questa fiaba, amo qualsiasi cosa che abbia a che fare con l’oceano, conchiglie, onde, miti e leggende. Questa? Favolosa.

L’amore ha sempre qualcosa di magico, è pura magia. Fantasia e cuore, ragione e sentimento, un netto contrasto con la realtà, una sera tempestosa, un salvataggio che stabilisce l’innata connessione, un legame indissolubile tra sirena e umano.

Un amore viscerale, carnale, che scopre la parte primitiva di ogni essere. La fiaba si ripete, lei sacrifica qualcosa di suo per poter vivere questo amore, lui la ama incondizionatamente, la strega cattiva, la sirena arcaica, il Tritone e le sorelle sirenette.

L’intero romanzo è scritto in terza persona, facilita la lettura e dà la giusta distanza come in ogni fiaba.

Una Mardoll ed un essere umano innamorati, fragili, passionali ed eterni come l’amore.

L’epilogo ben diverso dalla fiaba di origine, ma sbalorditivo e romantico.

 

 

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