Recensione “The Aristocrats” di Daria Torresan e Brunilda Begaj

 

 

 

Ricchi, potenti e di una bellezza quasi eterea, i fratelli Doko sono “I signori dell’est-Europa”. Arroganti, pericolosi e disonesti fino al midollo, non provano pietà, non rispettano le regole e l’unica legge che conoscono è la loro.
La sola parola che conta è la loro.
Tutti li temono, tutti chinano il capo al loro cospetto. Tranne le sorelle Norik, discendenti dirette della donna più autorevole e rispettata nell’Europa orientale, nonostante il passato per nulla glorioso. Il loro cognome è sinonimo di potere e protezione. Per loro la legge è al di sopra di tutto, non giocano sporco, non ne hanno bisogno. Ma il loro rispetto va guadagnato e i Doko l’hanno perduto da tempo.
C’è un confine invalicabile tra le terre degli uni e delle altre.
Due famiglie, due imperi in lotta da sempre per la supremazia. Ma la loro battaglia rischia di portare alla luce troppi segreti. Quanto a lungo possono i protagonisti di questa faida farsi carico dell’antico odio che li separa? Quanto, prima che gli istinti carnali sfocino in una passione travolgente?
Perché davanti a un sentimento come l’amore, il cognome che porti non conta nulla.

Ho ancora la pelle d’oca, lo scombussolamento dopo aver fatto un triplo giro della morte sulle montagne, uno “Jungle Splash” adrenalinico.

Due famiglie rivali, un odio radicato da tempo, Doko contro Norik, fascino femminile contro potere maschile.

“Due famiglie. Due regni. Il territorio degli uni non è mai stato calpestabile dalle suole degli altri.”

Un’antica rivalità o un amore di altrettanta data?

Rozaf e Kendra, Roel e Keleste, Rezart e Kleisa, poi Ramil e Kristel, quattro pedine per ogni famiglia, quattro storie che in un modo o nell’altro verranno legate, intrecciate e spezzate.

I primi capitoli si aprono con l’incontro tra Rezart e Kleisia qualche anno prima, un incontro che decreta il primo scacco matto.

“Rezart era passione, lussuria, desiderio, sfrontatezza, pericolo, persuasione. Rezart era Rezart, e oggi aveva su di me lo stesso effetto di allora.”

Unica coppia del libro? Eh no.

Si continua con Roel e Keleste, la storia che mi ha colpito maggiormente, che ho amato all’inverosimile e odiato con altrettanto ardore. Roel e il suo odio per le Norik, Roel e la sua guerra interna tra odio e amore.

“Quand’era cominciata? Quando, esattamente, gli artigli del suo fascino letale avevano iniziato a penetrarmi nel petto e nella mente?”

“Si sarebbe ricordato della puttana che aveva passato la vita a odiare. La puttana che lo aveva sempre amato.”

Non si può scappare adesso dalla verità. Trovare l’origine di quell’odio e distruggere quell’ampolla. Amare all’inverosimile e fidarsi.

Ma il destino gioca le sue carte e le gioca per vincere, sempre. E se fosse arrivata troppo tardi la consapevolezza di quell’amore?

“Ho passato tutta la vita facendo il possibile per vederti a terra, eppure alla fine ironia della sorte, sono io quello in ginocchio… Sai cos’è che temo più della morte? Quello che provo per te.”

Meno adrenalinica e meno problematica è la storia di Kristel, che tuttavia ha un percorso elaborato sul fronte famiglia, tutto da scoprire.

Ogni storia lascia una crepa nel cuore, ogni storia di questo stupendo romanzo, crea nel tuo elettrocardiogramma una linea piatta e poche onde e si decreta la fine di quel cuore martoriato, affaticato ed innamorato.

Alla fine, una timida lacrima lascerà la sua impronta… Una lettera d’addio, due matrimoni, lutti inattesi e sofferti, una nuova vita.

“Oh, Rozaf, in qualche modo sei riuscito a tornare da me.”

firma Claudia

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