Recensione “Stigma” di Erin Doom

 

 

 

Certi amori ci restano addosso. Come una cicatrice. La protagonista di questa storia non crede più nei miracoli. Troppe volte la vita l’ha masticata e risputata, illudendola che un futuro scintillante fosse in serbo per lei. Da sola e senza mezzi, Mireya decide di trasferirsi a Philadelphia in cerca di fortuna. Con sé ha soltanto una vecchia valigia, intorno l’inverno gelido di una città sconosciuta. Il suo personale miracolo sembra compiersi quando si imbatte in un’insegna al neon che si staglia nel buio della notte. Eccentrico e sfarzoso, il club Milagro’s è un luogo capace di affascinare chiunque ne varchi la soglia, Mireya compresa. Con l’ostinazione di chi non ha niente da perdere, la ragazza riesce a farsi assumere come barista. Il Milagro’s, però, è più di un locale esclusivo. Dietro le sue porte chiuse, oltre i lustrini e le luci di scena, si intrecciano destini e sussurrano segreti. I più oscuri si condensano tutti nel viso aspro e incantevole di Andras, il capo della sicurezza. Fra Mireya e Andras è odio a prima vista. Entrambi portano sulla pelle gli stessi segni, hanno addosso il marchio di chi ha dovuto imparare a lottare per sopravvivere. Eppure i due continuano a imbattersi l’uno nell’altra, come attirati da una forza misteriosa che non sanno né possono contrastare, stretti da un filo dorato più forte di un destino.

 

Dopo Fabbricante di lacrime e Nel modo in cui cade la neve, ecco il terzo lavoro di Erin Doom, un’altra storia di amore cupa e tormentata, un altro scenario dove le parole dell’autrice creano magia ricamando emozioni e situazioni.

 

L’autrice è maestra a gestire la tensione che si crea nei rapporti fra i suoi tormentati protagonisti e in questo romanzo ci racconterà la storia di Mireya che, approdata a Filadelfia per trovare un impiego, proverà a farsi assumere in un locale notturno come bartender. Nonostante la sua giovane età, la ragazza ha la preparazione di una mixologist e  Zora, l’inflessibile titolare del Milagro’s, uno speakeasy di gran classe, le concede un’opportunità. Mireya comincerà ad addentrarsi nelle dinamiche del locale con il suo carattere spigoloso e tagliente, scontrandosi immediatamente con Andras, il capo della sicurezza.
La sua nemesi è un ragazzo spietato ma pericolosamente affascinante e le interazioni fra loro non saranno mai prive di provocazioni. Lui incarna tutto ciò che lei detesta ma sarà l’unico a vedere nitidamente nella sua anima.

 

“Di mostri era pieno il mondo, e mi bastava guardarlo per capire che lui non faceva eccezione.

Ma quello non era come gli altri.

Non era un demonio come gli altri.

Quello era bello come un angelo e aveva una corona fatta di lividi e ossa.”

 

Ragazzi troppo giovani per essere così spezzati e disillusi. Un cinismo che ti aspetteresti da persone più adulte esce dalle loro bocche poco più che adolescenti.
Ma la vita non fa sconti a nessuno ed è una triste realtà per molti giovani.
Purtroppo Mireya non ha possibilità di trovare un altro impiego che le consenta di guadagnare quanto al Milagro’s e quindi cerca di trovare il suo posto nel piccolo mondo del locale.
La  giovane ha una spina nel cuore, una madre tossicodipendente ricoverata in una clinica riabilitativa, con la quale ha un rapporto morboso che dovrà prendere necessariamente una piega differente per il bene di entrambe; il suo passato le ha inflitto troppe cicatrici e difficilmente concede la sua fiducia agli altri.

 

Andras è bello e dannato, un passato oscuro e fitto di segreti, c’è una bambina che vive nel suo appartamento e una anziana vicina fa da nonna ad entrambi.

Un po’ meno di impatto emotivo rispetto agli altri due romanzi; è una buona storia ma non mi ha incantata come i primi che avevano quasi la connotazione di una fiaba oscura. Rimane comunque un buon lavoro, che non ha la fine in questo volume ma che si presume abbia almeno un seguito, se non due.
Le ambientazioni sono illustrate con dovizia di particolari, facendoci immergere in un ambiente raffinato che ha il sapore del caramello un po’ bruciato, l’odore di un profumo di nicchia e la morbidezza del velluto scuro. Il marchio di fabbrica di Erin rimangono le sue metafore e similitudini grondanti stelle e sangue, che puoi amarle o odiarle e io, sinceramente, le amo…

 

“L’amore può sbriciolarti l’anima. È una cosa piccola, così insignificante che quando la lasci entrare nemmeno te ne accorgi. E’ carino come un cucciolo. Ma poi cresce e ti divora, e tu non hai il cuore nemmeno per difenderti, perchè ha gli unici occhi che ami e di te si è preso tutto, anche gli spazi tra i respiri.”

 

Anna

Giovanni

 

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