Recensione “Se poi me ne pento? La mia vita a trent’anni” di Laura C.

 

 

 

Laura ha trent’anni e conduce un’esistenza al limite dell’isolamento. Ha deciso che vuole una vita – e non solo un lavoro – senza contatto con il “pubblico”. Redige articoli in smart working e ama scrivere romanzi, ma ultimamente preferisce contemplare i suoi libri sugli inetti. Le convenzioni sociali la soffocano, l’ansia è la sua peggior nemica, una massa fluttuante che le ripete con voce stridula: “Sei una nullità!”. Nelle sue memorie echeggia il mito degli anni ‘90, il periodo spensierato. Durante la giornata, trae beneficio dall’ascoltare i brani del suo cantautore preferito, Geb, un amore platonico; tanto quello tangibile l’ha solo delusa. Punto di riferimento è la sua mamma premurosa, ma è tempo per Laura di badare a se stessa e al nuovo appartamento. Esce solo il sabato per fare la spesa, portandosi dietro quello che la sua migliore amica definisce “il carrello da vecchia”. Ginevra, infatti, prova a rigettarla nella mondanità, ma Laura è un’estimatrice di outfit come pigiami ingombranti e pantofole di peluche, insofferente alle discoteche. Si sente goffa, pensa di aprire un canale YouTube per diffondere i migliori tutorial su “Come fare tutto male”, mentre rigetta l’aggressività che riscontra nei social network. Di ritorno da una spedizione al supermercato, durante la quale ha comprato uno spray anti-insetti al posto del deodorante, si imbatte in una visione… Un ragazzo biondo, dagli occhi blu, un angelo custode sceso in Terra: è Geb! Ma no, quel tipo magari gli assomiglia, infatti si presenta come uno psicologo e le propone una terapia a punti che dovrebbe consentirle di ritrovare se stessa e un sano equilibrio. Potrà anche aggiudicarsi il premio in palio per i pazienti guariti: un viaggio a caccia dell’aurora boreale! Dopo la proposta, il “finto” Geb (come Laura lo definisce) si aggiudica una strigliata, ma continuerà a insistere e lei finirà con l’intraprendere il percorso. Partecipare alla vita, mitigare le sofferenze, trovare la serenità, magari anche l’amore, sono bugie peggiori della gomma blu che cancella la penna o traguardi realmente conseguibili?

Credevo di trovarmi al cospetto di una lettura leggera e divertente, quasi frivola, ma ben presto ho capito che fra le pagine avrei trovato molto di più.

Non è un romance dove la protagonista s’innamora di un ragazzo simile al suo cantante preferito scoprendone qualità migliori e appaganti; non è nemmeno un chick lit dove sono portate allegramente all’eccesso le stramberie di una ragazza moderna, più attaccata ai libri, alla musica e ai sogni romantici che alla vita reale…

No, niente di tutto ciò. Considero invece questo romanzo una lettura davvero importante, una voce fuori dal coro e da interpretare, un’opera sorretta da una base psicologica molto intensa, alleggerita da alcune sfumature rosa che la rendono piacevolmente delicata.

Laura non è felice. Da tempo si rifugia nel passato e lo fa legandolo a sé con ricordi, con oggetti risalenti alla sua infanzia, con frasi e immagini che per lei hanno un significato rassicurante. È un passato che non riesce ad affrontare, a superare; un passato che la travolge, che a volte le infonde sicurezza, ma che purtroppo la imprigiona in una realtà carica di ansie invalidanti senza, di fatto, permetterle di andare avanti. Passato e presente, fantasia e realtà, si susseguono e si alternano fra le pagine, facendoci conoscere tutto di Laura: sogni, paure, fragilità e speranze. Grazie anche all’aiuto delle sue amiche, Ginevra, Gaia e Gioanna, a Filippo e a Geb, entreremo nella sua vita, accompagnandola verso la rinascita.

Una storia, questa, diversa da tante altre, una storia che fa riflettere e che chiede di essere letta fino alla fine per essere compresa davvero.

Ho apprezzato la padronanza del lessico dell’autrice, la sua capacità di utilizzare parole, similitudini e metafore intessendo una trama così particolare e dagli sviluppi inaspettati. Vorrei quasi chiamarla e chiacchierare con lei per saperne di più.

Un romanzo da leggere assolutamente!

L’unico motivo per cui mi limito ad attribuirgli quattro stelle, anziché cinque, è perché tra le tante parti discorsive e introspettive avrei apprezzato la presenza di qualche dialogo in più. Credo che il romanzo ne avrebbe giovato in termini di leggerezza. Questo resta comunque un mio parere soggettivo, un fatto di gusti personali, e non cambia il fatto che questa storia meriti davvero di essere letta!

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