Recensione “Scimmie” di Alessandro Gallo

 

Napoli. 1985. Tre quindicenni: Pummarò, Panzarotto e Bacchettone. Il desiderio di diventare qualcuno, di distinguersi dalla massa informe degli adolescenti di strati sociali più bassi che medi, di vivere da protagonisti, magari anche con le tasche gonfie di denaro, si traduce per i tre protagonisti in un solo modo: entrare a far parte della camorra, che soffoca la città come una coltre di catrame. Gli anni ’80 a Napoli sono spaccio di eroina, prostituzione, corruzione, tutti fenomeni che stavano molto a cuore non solo a chi ne stava a capo ma anche a chi provava a vederci chiaro. A un giovane e carismatico giornalista, per esempio, che non ci mette molto a conquistarsi l’attenzione dei tre ragazzi, in particolare di Pummarò, per mostrar loro la camorra e i suoi affari da un altro punto di vista, “Scimmie” è dedicato e liberamente ispirato alla figura di Giancarlo Siani e a tanti giovani che rischiano di cadere nelle reti della criminalità.

 

Tre ragazzetti che non ci stanno a fare una vita di “fatica” come i loro genitori.

I soldi facili, il potere, il rispetto è quello che vogliono ottenere entrando a far parte della camorra.
Il giornalista Giancarlo vuole aprire gli occhi ai ragazzi su cosa sia la camorra realmente e cosa comporti farne parte.

Sono una manciata di pagine, dirette, colorate dal dialetto napoletano. Al giorno d’oggi sarebbe facile paragonarle a qualsiasi vita di un qualunque personaggio di “Mare Fuori”. Questo libro però ha parecchi anni sulle spalle, più di dieci, e diverse ristampe, quindi nessun riferimento se non a fatti che potrebbero quotidianamente avvenire in una delle più belle città italiane, dove la malavita organizzata ha ancora un’ influenza troppo forte sui giovani che ne venerano gli esponenti più carismatici.
Forte, d’impatto, mi ha fatto sorridere per le sfiziose espressioni dialettali, ma riflettere sui meccanismi mentali che spingono alcuni giovani ad andare dove tutto sembra più facile, dove le mani e la coscienza però si sporcano in modo irreversibile. Ti rendi conto che, anche se gli avvenimenti narrati risalgono al tempo delle “lire”, sostanzialmente nulla è cambiato se non più organizzato grazie alla tecnologia. Gli impulsi, la fame, il voler emergere non hanno epoca ed età, e dall’altra parte c’è sempre una Famiglia pronta ad accogliere questi bisogni.

Una terra bellissima sullo sfondo, ma da sfruttare all’ osso:

È questa la fine che faremo: credere che questa terra ci porti fortuna, soldi e serenità. invece finiremmo per diventare schiavi. Tutto ciò a che prezzo? Al prezzo più caro. La morte, perché una volta che questa terra non serve più la sventrano e la abboffano di monnezza per poi richiuderla e costruirci sopra. Pensa tra dieci o venti anni: case e scuole sorgeranno su queste bombe chimiche.”

Quel giornalista che, nella fantasia narrativa, aprì gli occhi a Gennaro è stato ispirato da Giancarlo Siani. 23/9/1985.

 

Anna

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