Recensione “Savage” di Debora C. Tepes

 

 

 

 

Una donna fortunata… Ecco come mi avrebbero definita in tanti.

Ma nessuno conosceva la verità.

Ero disposta a tutto pur di scappare dalla mia gabbia dorata e dal mio aguzzino. Mio marito, il sindaco di Sacramento.

E l’ho fatto.

Sono partita per rinascere.

Ho abbandonato il mio personale inferno per approdare in un paradiso di una bellezza accecante: la giungla è diventata la mia casa, l’oceano il mio solo amico, il cielo l’unico testimone.

Eppure questi luoghi inesplorati sono tutt’altro che ospitali e celano un pericoloso segreto. Due occhi glaciali mi scrutano nella notte, un predatore affamato mi bracca senza sosta, un animale feroce mi insegue con rabbia.

Lui è la natura. La più incontaminata, lussureggiante e insidiosa natura.

Un uomo.

Una belva.

L’ennesima.

Il fato non è stato clemente con me.

Mi chiamo Ophelia e sono una sopravvissuta.

Mi chiamo Ophelia e sono ancora in pericolo.

Una rivisitazione della fiaba di Tarzan. E che Tarzan aggiungerei.

Una Jane sopravvissuta ad un naufragio su un’isola, apparentemente deserta, incontra il Tarzan della situazione, un selvaggio dagli occhi dello stesso colore di quel mare tropicale.

Ophelia fugge da un marito violento e despota, fugge per ricominciare a vivere in uno dei paradisi terrestri esistenti, dal carattere forte e solare si ritrova a convivere con le conseguenze delle violenze quotidiane che l’hanno condizionata nella sua indole ribelle, la conosciamo, infatti, debole, fragile e provata sia nel fisico che nell’anima.

L’incontro con Ramleck la destabilizza e non poco, l’indigeno che con lo sguardo la scruta, la cerca, la divora. “Siamo onde che si infrangono sul bagnasciuga, cicloni che si innalzano dall’oceano. Siamo Acqua e fuoco. Siamo terra e mare. Siamo Ophelia e Kamlesh.”

“Lui è la natura. La più incontaminata, lussureggiante e insidiosa natura.”

Un libro romantico, che ti lascia sognare, che ti fa rinascere, Debora si scosta dal suo ultimo mafia-romance, non siamo alle prese con inseguimenti, né rapimenti, ma con lo sbocciare dell’amore, il più puro, il più primitivo, il più selvaggio e immaturo.

Il protagonista maschile si svela lentamente, tra ricordi, pensieri confusi, frammenti di passato che si insinuano nel presente della sua isola, la sua unica esistenza. Ti innamori della sua genuinità, della sua semplicità, del suo essere essenziale, irruento e selvaggio e di una dolcezza infinita.

Ti scontri con la natura, ti scontri con gli occhi più sinceri ed espressivi che esistano e ricominci a vivere.

“O è la sola cosa che ho, oltre alla mia isola. E non mi separerò da lei neanche se il più violento degli uragani si abbattesse su di me.”

Sentire pronunciare “Mere aatma, anima mia”, ti riempie il cuore di puro amore.

Poi la scelta “La tua isola, la tua casa. Lascerai tutto per venire con me?” – “Tu sei la mia isola”.

E una promessa, una certezza: “Ti amo Ophelia. Forte come l’oceano, il cielo, la tempesta. Caldo come il fuoco. Sei la mia anima.”

Bel romanzo, lineare e scorrevole, troppo breve però, il finale a mio avviso doveva essere un po’ più elaborato considerando la storia, i protagonisti trovano il loro lieto fine ma volevo sapere di più, il loro imminente futuro e ancora oltre.

Lo consiglio!

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