Recensione “Nero Valle Christi” di Giammauro Gargiulo

 

 

 

Massimo Malfanti è un uomo di quarantasei anni, introverso e compulsivo che ha sempre vissuto con la madre. Quando quest’ultima viene a mancare massimo, in modo non del tutto accidentale, provoca la morte di un ciclista. La sensazione di piacere provata sembra essere l’unico mezzo in grado di alleviare il suo dolore e la sua solitudine. Uccide così una ragazza e abbandona il suo cadavere di fronte all’antico monastero gotico di Valle Christi. Un luogo che per lui rappresenta il crocevia di ogni sofferenza fin da quando era bambino: proprio lì colse la madre con l’amante. Dopo un secondo delitto massimo instaura un legame con giulia, giornalista precaria di una testata locale. Un particolare legato a questi omicidi e svelato dalla giornalista fa nascere però in barbara, sorella di massimo, il dubbio che l’omicida possa essere proprio lui. Dopo essere sparita dalla sua vita per quasi quarant’anni, riuscirà barbara a mettere a posto i tasselli delle loro vite andate in frantumi e a fermarlo?

Wow, non sono abituata a leggere il genere noir, ma già dalla trama questo libro mi aveva catturata e, dopo averlo letto, non solo l’ho adorato, ma ha anche superato le mie aspettative.

Essendo come dicevo un noir, non dobbiamo stare lì a capire chi ha fatto cosa, perché chi sia l’assassino lo sappiamo sin da subito, quello che rende bella la lettura è entrare nella mente di Massimo e capire perché lo fa. I suoi stati d’animo, il suo passato, il presente e quel futuro incerto che lo aspetta.

Un bambino dovuto diventare adulto troppo presto, un piccolo essere umano che ha sulle spalle un peso troppo grande per le sue fragili ossa.

Un abbandono, una vita a cercare l’approvazione di una madre troppo austera per capire appieno i bisogni del figlio.

Una madre che sembra essere troppo ingombrante, ma che quando viene a mancare, scoperchia quel vaso di Pandora che sono i sentimenti di quest’uomo lasciato solo troppo presto.

Un libro che si legge in una manciata d’ore, perché una volta aperto non si ha la forza di lasciarlo lì.

Un libro che cattura l’attenzione del lettore e lo porta, piano piano, verso una fine che ti aspetti, ma che ti lascia comunque con il batticuore.

Fluida la scrittura, anche se il dialetto genovese a tratti mi ha un pochino infastidita, ma che capisco calzare a pennello per la narrazione della storia.

firma Claudia

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