Recensione “L’ultima famiglia di Istambul” di Ayse Kulin

trama

9 gennaio 1995. Il corpo senza vita di Aylin Devrimel Nadowlsky Goldberg viene ritrovato nel suo giardino.
La sua scomparsa è uno shock: Aylin era una persona ammirata e piena di talento, chi può aver voluto la sua morte? Chi, fra le molte persone che ha aiutato, le poche che ha ferito, e quelle che ha abbandonato può essersi trasformato in un assassino?
Nel corso della sua vita, Aylin è stata molte cose: un’esile e timida ragazzina, una bellissima giovane donna, la sposa di un dispotico principe libico, un’ambiziosa studentessa di medicina. È stata una seduttrice, un’insegnante, una stimata psichiatra e un tenente colonnello dell’esercito americano. Ma soprattutto ha amato con tutta se stessa e ha perseguito la verità e la felicità senza arrendersi mai. Perché in ogni ruolo che si è trovata a ricoprire, Aylin ha messo il suo cuore, la sua mente, la sua anima.
Una vita straordinaria, piena di passione e di avventura, che si è conclusa troppo presto…

recensione

Aylin Devrimel Nadowlsky Goldberg è il manifesto della donna emancipata: bella, intelligente, psichiatra di talento, tanti mariti, molti amici.
Dalla Turchia parte alla conquista del mondo con il suo fascino e l’indubbia competenza clinica, il suo intervento diventa determinante nella risoluzione di casi umani considerati impossibili.
I suoi pazienti rimangono affascinati ed incuriositi dai metodi anticonvenzionali di questa psichiatra alternativa; Aylin non giudica, vuole capire, aiutare, e spesso va oltre al rapporto medico-paziente.
Una donna con un malessere e un’inquietudine di fondo, che non si sente mai soddisfatta, anche quando la vita sembra esserle perfetta, uno spirito libero e caritatevole.
La mancanza di maternità la spinge ad amare di un amore puro e disinteressato la nipote di sangue e i figli di uno dei suoi mariti, mantiene sempre i contatti con la famiglia di origine, soprattutto con la sorella, che le ha fatto a sua volta da seconda madre, e che le sarà accanto fino alla fine, nonostante non ne condividerà sempre le scelte.
Il romanzo inizia dalla fine, col ritrovamento del suo corpo senza vita, continua con una ampia (noiosa ed inutile, a mio parere) panoramica dei suoi antenati.
Per quasi tutto il primo quarto del libro l’autrice usa uno stile giornalistico, privo di dialoghi, che lo avvicina più ad un articolo di cronaca che ad un romanzo.
Quando finalmente si arriva alla vita della protagonista la storia “parte” bene, il ritmo è incalzante e in crescendo fino alla ultima frase che tronca in maniera brutale il racconto. Ho dovuto rileggere poi le prime pagine per chiudere il cerchio.
Dal mio punto di vista il romanzo manca di calore e di cuore, l’autrice si limita a riportare i fatti, realmente accaduti, in modo freddo e imparziale, probabilmente voluto, ma che mi ha impedito di essere totalmente coinvolta come avrebbe potuto fare una storia così interessante.

Recensione:

FirmaLeChat

Editing:

mandy

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