Recensione “L’isola dei fiori rossi” di Alan Brennert

 

 

 

1980.La piccola Rachel Kalama vive a Honolulu e fa parte di una grande famiglia hawaiana. Desidera vedere le terre lontane che suo padre, un marinaio mercantile, spesso visita. Ma all’età di sette anni i sogni di Rachel si infrangono: la comparsa di alcune macchie rosate sulla sua pelle indica che ha contratto la lebbra. Portata via da casa e dalla sua famiglia, viene mandata in quarantena sull’isola di Moloka‘i, dove si trova il lebbrosario e dove la sua vita sarebbe destinata a finire. E invece, sebbene costellata di ostacoli e prove difficili da superare, la comunità che si è creata è ricca di personaggi straordinari: c’è tanta vita anche tra i più disperati ed è un miracolo scoprire che la speranza e l’amore fioriscono nei luoghi più desolati. Un romanzo meraviglioso ispirato alla vera storia dell’isola di Moloka‘i, alle Hawaii, dove per cento anni è stato deportato chiunque avesse manifestato i primi segni della lebbra. Ricco di personaggi pronti a saltare fuori dalla pagina, L’isola dei fiori rossi è la meravigliosa e straziante avventura di tutti coloro che hanno deciso di abbracciare la vita pur essendo stati condannati. Un racconto che, con il calore, l’umorismo e la compassione che porta con sé, ha già incantato e commosso oltre mezzo milione di lettori.

Leggere di epidemie in questo periodo in cui ibìcombe su di noi la pandemia del Covid-19, diciamo che non è stata proprio una grandissima idea, ho letto l’intero libro con il magone, tensione ed ansia.

Ma forse è stata questa atmosfera, il mio stato d’animo compromesso, che ho adorato questa lettura.

Alcune macchie sulla pelle che sconvolgono la vita di una bimba di soli 7 anni, convivere con la lebbra, lontana dalla famiglia, esiliata su un’isola, vivere con la paura di non sopravvivere, sopravvivere in quegli anni dove la felicità, lo svago dovrebbe essere il centro gravitazionale di un bimbo, anzichè, morte, malattia, dottori, lacrime e dolore.

Eppure in questa isola la sua vita si re-inventa, si riesce a convivere con il male, pur portandolo addosso senza disfarsene mai, si riesce ad amare, forse ancora di più, sapendo che forse un domani non ci sarà mai.

Viviamo con Rachel tutto gli anni in quell’isola sperduta, il suo primo battito per amore, il suo matrimonio, e tutto quell’amore che è capace di dare.

Una vita condannata, una vita spezzata, una vita vissuta solo per metà, senza tutti i suoi vecchi affetti, senza mai avere affetti futuri.

Ritrovarsi sola al mondo dopo aver sconfitto la morte, sola per le tracce del male sulla pelle, vincere una battaglia e sentirsi persa ugualmente.

“Forse io non lascerò mai Kalaupapa. Ma non vedo proprio perchè una parte di me non debba riuscirci.”

Ci consoleranno i panorami, i paesaggi e la moltitudine di colori di quell’isola che ha segnato un’epoca l’Isola di Moloka’i, ora dichiarata Parco Storico Nazionale con la penisola di Kalaupapa.

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