Recensione “La sua perdizione” di Isabella Starling

 

 

 

Come ti fa sentire, bambolina?
JACOB
Non innamorarti di un paziente.
Non innamorarti della graziosa, piccola, dolce e spezzata bambolina seduta di fronte a te nel tuo ufficio.
Non innamorarti delle sue bugie.
Non innamorarti del suo aspetto.
Soprattutto, non innamorarti della sua mente deliziosamente distrutta.
Ma la vita continua a mettere Alice sulla mia strada, e il suo essere naturalmente sottomessa la rende una preda così facile…
Dopo tutto, quelli spezzati sono i più divertenti da sottomettere.
ALICE
Jacob Hawke è solo una semplice cotta.
È stato il mio terapista per anni.
Ora, mia madre vuole che vada a vivere con lui, mentre lei insegue il lavoro dei suoi sogni in un altro stato.
Il signor Hawke ha cercato di rimettermi insieme per così tanto tempo.
Forse, avrebbe fatto meglio a spezzarmi fin da subito.

Ho letto dei forbidden così intensi da farmi riflettere per giorni, talmente particolari da rendermi più consapevole e più aperta alle possibilità di quanto non sia già; e benché questo genere non rappresenti la mia lettura preferita, devo ammettere che ha il pregio di porre l’attenzione su argomenti e affinità particolari, di scuotere le coscienze (e non c’è cosa che apprezzi di più di una sana provocazione!). Con La sua perdizione, però, tutto questo non è accaduto, e mi dispiace perché la trama era davvero forte, l’idea di fondo veramente accattivante e meritevole di attenzione, ma tutto si è fermato lì. Non so, non mi ha particolarmente convinta. Credo che il romanzo non sia stato approfondito o sviscerato abbastanza; i personaggi sono un po’ vuoti, descritti sommariamente da un punto di vista psicologico e mancano di introspezione nonostante i pov alternati che dovrebbero servire per far meglio comprendere i pensieri di tutti (dopotutto parliamo della storia d’amore tra uno psicologo e la sua giovane paziente: un minimo di messa in discussione dovrebbe esserci almeno dalla parte di lui). Anche gli avvenimenti mi hanno lasciata perplessa perché molti sono presentati fini a se stessi senza una ragione d’esistere, senza un filo conduttore che li unisca a quelli successivi, quasi come se fossero stati scritti più per allungare la storia che per darle un senso. Inoltre aggiusterei la scrittura e lo stile legando le frasi diversamente (troppi “dopo faccio quello”, “dopo faccio questo”, “dopo, dopo, dopo”), evitando così di renderle una semplice successione di momenti (tipo lista) che crea poco coinvolgimento nel lettore. Colpa della traduzione? Non saprei, ma sicuramente penso che l’intero romanzo andrebbe risistemato e approfondito perché la storia ne gioverebbe.

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