Recensione “La Figlia perduta” di Gill Paul

 

 

 

 

 

Russia, 1918. I membri della famiglia Romanov sono tenuti prigionieri dai rivoluzionari. Confinati in casa, sono convinti che non manchi molto prima della fine della reclusione. E infatti tutti i familiari dello zar sono impegnati a studiare complessi piani di fuga. Marija, una delle principesse, parla con le guardie. E una di loro si innamora perdutamente di lei. Ma l’amore sarà in grado di salvare i Romanov o si rivelerà una delle cause della fine per la famiglia imperiale?
Australia, 1970. La vita di Val è un disastro. Quando era ancora una bambina sua madre è scomparsa e il padre non ha mai voluto darle  spiegazioni. Tony, suo marito, la controlla rigidamente in tutto quello che fa. Quando suo padre ha un malore, corre ad assisterlo dopo anni trascorsi nel silenzio. Ma Val rimane scioccata sentendogli dire, in punto di morte: «Non volevo ucciderla». Si riferisce forse a sua madre? Decide quindi di indagare nel passato del padre. Ma la sua ricerca si rivelerà l’occasione per trovare la forza di essere padrona del suo destino.

Partire da un evento storico, documentarsi a 360°, costruire una trama che sia credibile, appassionante, sofferta. L’autrice ha fatto tutto questo realizzando un lavoro superbo!

Ha saputo ricostruire gli ultimi momenti della famiglia reale russa, i Romanov, caratterizzandone così bene i personaggi da poterli vedere davanti agli occhi; ha rispettato gli avvenimenti anche postumi, facendo immergere il lettore nella storia durante la carestia e la guerra civile in unione sovietica. Un racconto che fa toccare con mano il terrore che regnava sovrano sotto il regime comunista, il denunciarsi fra amici e parenti pur di avere salva la vita, provare quasi la fame e gli stenti dei personaggi.

L’autrice si è concentrata su Marija, la più bella delle sorelle Romanov, ne ha fatto resuscitare la bellezza discreta, l’empatia e la bontà, il suo volersi interfacciare col mondo, anche se questo negli ultimi periodi veniva rappresentato solo dalle guardie della loro prigionia, aver sempre per loro una parola buona e rispettarne la classe sociale inferiore.

Ha immaginato un finale alternativo e sinceramente molto credibile per Marija: essere sopravvissuta al massacro e aver iniziato una nuova vita accanto al suo salvatore, Peter.

Dover assumere un basso profilo per non essere riconosciuti, sopravvivere agli stenti, nascondersi. Il tutto mentre la vita continua e gli avvenimenti personali e mondiali ricadono sulle loro teste.

Peter è un uomo dalle mille risorse, un ottimista, e straordinariamente rispettoso e amorevole: il miglior compagno di fuga che Marija potesse mai avere.

Personaggi forti che superano ogni vicissitudine, che soffrono ma non si fanno abbattere, difficile non amarli!

Parallelamente a questa storia si interseca quella più attuale di Val, australiana figlia di un profugo russo e di una donna asiatica, scomparsa misteriosamente dalle loro vite.

Val è una donna succube del marito che non perde occasione di mortificarla, picchiarla e privarla dei suoi diritti morali e materiali.

Cosa abbiano in comune queste due storie ci sarà dato scoprirlo solo verso la fine, ma sarà un colpo di scena di vero effetto.

Ho amato intensamente questo romanzo, ho apprezzato il grandissimo lavoro di studio che vi è dietro, la magia di essere catapultata indietro di un secolo, il poter sentire i sentimenti dei personaggi dentro al mio cuore, soffrire per loro, gioire con loro.

Magnifico lavoro che, come spesso accade, si nasconde dietro ad un titolo banale e ad una copertina anonima: meriterebbe qualcosa di più pertinente.

Consigliato a tutti perchè ognuno saprà far tesoro di una delle mille sfaccettature interessanti di questo romanzo.

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