Recensione “La figlia del mercante di tè” di Janet MacLeod Trotter

 

 

 

 

 

 

India, 1905. Clarissa e Olive Belhaven vedono minacciata la loro vita e la loro piantagione di tè dai debiti del padre alcolizzato. Wesley Robson, uno sfacciato e giovane imprenditore, si offre di salvare la piantagione in cambio della mano di Clarissa, ma il padre rifiuta. Quando l’uomo muore, le sue figlie sono costrette a tornare in Inghilterra dallo zio e lavorare nel suo pub a Newcastle. Clarissa è sconvolta dalla povertà che la circonda e non sopporta la cugina. Decide quindi di lasciare il pub e di fare da governante per un gentile avvocato, Herbert Stock. E quando accetta di diventare sua moglie, in lei si fa strada anche un sogno: aprire una sala da tè, un luogo in cui far rivivere i profumi e le tradizioni della sua terra lontana. Ma quando il suo desiderio di realizza, Clarissa dovrà fronteggiare ostacoli e imprevisti. Il figlio di Herbert infatti non la sopporta e Wesley Robson torna improvvisamente nella sua vita con una rivelazione scioccante… Chi è quest’uomo e cosa desidera ancora da Clarissa?

 

Una meravigliosa storia che si snoda dall’inizio del secolo scorso fino alla fine della Grande Guerra e Clarissa Belhaven ne è la coraggiosa protagonista.

Una ragazza abituata agli agi della borghesia indiana viene brutalmente catapultata nella dura e grigia realtà di una fumosa Inghilterra dei primi del ‘900 quando il padre, un vedovo disperato e alcolizzato, lascia lei e la sorella Olive senza un soldo.

Clarissa ha ereditato il piglio orgoglioso del padre, e questa sua indole le darà la forza per affrontare tutte le sfortune che la vita le metterà sulla strada, ma le precluderà anche per molto tempo la felicità.

Una ragazza che anteporrà sempre il bene altrui al proprio, in prima battuta quello della sorellina Olive, di salute cagionevole e dal carattere debole. Clarissa farà da seconda madre a questa ragazzina portata per l’arte e la musica, cercherà di proteggerla dalle brutture e le fatiche della vita, ma questo suo senso di protezione le si ritorcerà contro.

Ancora ai tempi di Belgoree, in India, Clarissa e Olive fanno la conoscenza di Wesley, della famiglia dei Robson, acerrimi nemici dei Belhaven. Il padre la mette in guardia verso questa famiglia e, nonostante i ragazzi provino un’ attrazione fortissima, i pregiudizi avranno la meglio e li allontaneranno ciclicamente l’una dall’altro nel corso della loro vita.

Wesley è un imprenditore molto capace e dalle idee innovative, ovviamente affascinante, che propone il suo aiuto all’azienda di famiglia di Clarrie (Clarissa) in modo poco ortodosso, e la ragazza finirà per farlo diventare il capro espiatorio preferito.

Una volta in Inghilterra le sorelle dovranno mettersi a servizio prima dei cugini, locandieri di basso rango che le sfrutteranno a piacimento, poi degli Stock, famiglia di avvocati di cui Clarissa conosce casualmente il piccolo Will, che la inviterà a casa e la presenterà alla madre malata.

Clarrie diventa la governante di casa Stock, ed Olive la cameriera, e la loro vita, seppur a servizio, migliora qualitativamente, avendo a che fare con dei padroni di buon cuore. L’unico ad essere sempre ostile nei loro confronti è il figlio maggiore che sarà una spina nel fianco fino all’ultimo.

Clarrie aiuterà il suo padrone Herbert a superare il lutto per la moglie, ed accetterà di sposarlo per affetto ma anche per sicurezza economica. Herbert è un uomo dolce, un grande lavoratore, ma troppo anziano per la giovane Clarrie che si troverà invischiata in un matrimonio noioso seppur animato da grande affetto e rispetto reciproco.

La sua gioia sarà fare da madre al giovane Will e riuscire ad aprire una casa da tè nei bassifondi, dove poter mettere a frutto la sua grande passione per la bevanda nazionale.

Ma la guerra è alle porte e sconvolgerà nuovamente le carte in tavola.

Ho amato profondamente questa storia, emozionandomi e commuovendomi per le vicende di tutti i protagonisti. È un bellissimo spaccato di vita di inizio XX secolo, una testimonianza di forza, abnegazione e speranza che fa luce sulla situazione femminile di quel periodo.

Una storia adatta a tutti, avventurosa e mai noiosa, di buoni sentimenti e mai stucchevole, di dolori profondi ma mai angosciante.

L’autrice è stata capace di riservarci una seggiola in ogni stanza protagonista della vicenda, ha tenuto un ritmo vivace ma non frettoloso, ha saputo essere descrittiva al punto giusto per poter creare nella nostra mente la fotografia dell’ambiente, senza perdersi in tediosi eccessi.

Bello, bello, bello.

 

Sensualità: 

Recensione: 

Editing: 

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