Recensione “La donna di Teheran” di Donia Bijan

 

Quando Noor torna a Teheran dopo trent’anni insieme a Lily, la figlia adolescente e ribelle, trova il suo Iran molto diverso da come lo ricordava. Solo il Café Leila – il ristorante che appartiene alla sua famiglia da tre generazioni – sembra essere rimasto lo stesso. A gestirlo è ancora Zod, il padre di Noor, che ai clienti abituali offre non solo cibo, ma anche ristoro e risate, facendoli sentire a casa. Noor non immaginava che quel viaggio potesse essere per lei un ritorno al passato: invece, a poco a poco, si dovrà confrontare con le storie dei suoi antenati e affrontare la dolorosa vicenda legata all’uccisione di sua madre, scomparsa quando Noor era solo un’adolescente. La bellezza e la brutalità del suo Iran saranno per lei un’occasione inaspettata e irripetibile per riflettere sul suo futuro di madre e di donna.

 

Un racconto commovente che parla di famiglia e di quei legami indissolubili che non si perdono nonostante tempo e spazio.

Noor ritorna nel suo paese d’origine in Iran, nonostante la fitta corrispondenza sente la mancanza del padre; le condizioni di salute di Zod e la fine di un matrimonio che sembrava eterno sono le cause di questo ritorno in patria.

Porta con sé la figlia adolescente che, inizialmente, non coglie la bellezza di quel Paese così diverso dal suo stile di vita.

Noor ritroverà vecchi luoghi, li vedrà cambiati e logorati dal tempo e dalla guerra, troppe restrizioni della libertà ma anche paesaggi mozzafiato e legami affettivi eterni.

Una storia di famiglia, di legami, di una donna che vive nei ricordi. Non è un libro di denuncia sociale, è delicato, semplice nel suo sviluppo, viene raccontato in terza persona e vediamo trasparire i sentimenti contrastanti di madre e figlia.

 

 

Anna

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