Recensione “La dattilografa di Hitler” di Tessa Harris

 

 

 

Katja Heinz è stata assunta come dattilografa in una clinica psichiatrica di Amburgo che offre assistenza ai reduci della prima guerra mondiale. Il dottor Viktor, che si è occupato personalmente del colloquio, le ha chiesto di trascrivere il contenuto di alcuni quaderni in cui sono riportate informazioni top secret: la cartella clinica di Adolf Hitler. Il nome del Führer sarebbe già di per sé sufficiente a mettere Katja in soggezione, ma la perizia è ancora più sconvolgente: negli appunti, infatti, Hitler è dichiarato inadatto a ricoprire incarichi pubblici a causa delle sue condizioni mentali. Un rapporto che potrebbe rovesciare il regime nazista e cambiare il corso della guerra. Sconvolta dalla scoperta, Katja parte per Parigi insieme a Viktor, decisa a trovare un editore abbastanza coraggioso da pubblicare al più presto la perizia. Sa che la sua è una missione estremamente pericolosa: chiunque possieda quei quaderni è un nemico del regime. Qualcuno, infatti, li sta sorvegliando. Ed è solo questione di tempo prima che il viaggio verso la Ville Lumière si trasformi in una rocambolesca fuga per proteggere la verità.

Un libro adrenalinico dove la fuga, la ricerca, il mistero e i segreti ti tengono con il fiato sospeso.

Emozionante, d’azione, misterioso.

Da un documento di 165 pagine scritto da Walter Langer “Nella mente di Adolf Hitler” il romanzo di Tessa Harris prende vita.

Due sono i protagonisti, due le città citate, due le vite che vivono parallelamente e che alla fine sono destinate a incontrarsi a causa di un manoscritto.

Katja e Daniel, un manoscritto pericoloso tra le mani che può decretare le sorti di una guerra o addirittura  impedirne l’inizio.

Katja è segnata dai Roghi del 1933, Daniel dalla perdita improvvisa della moglie e della figlia; un incontro inaspettato alla Shakespeare and Company, la ricerca di un editore, il segreto professionale che verrà svelato.

Cosa si è disposti a fare per salvare il mondo?

Una missione pericolosa, tra peripezie e temerarietà, la fuga da Amburgo a Parigi metterà a rischio la vita stessa.

In quegli appunti esplosivi la mente di Hitler viene messa sotto processo, una mente squilibrata, un uomo troppo pericoloso per essere reintegrato nella società, figuriamoci  a metterlo a governare la Germania.

Proteggere la verità a tutti i costi… “Le ho offerto un calice di avvelenato e non posso chiederle di berlo.”

Avvincente.

Anna

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