Recensione “Il seme del Palissandro” di Massimo Rozzoni

 

 

 

 

È un romanzo storico (molti dei personaggi sono reali), ambientato nel 1715 tra Scozia, Caraibi e Londra, che narra attraverso il diario scritto dal protagonista (Patrick Douglas, un ragazzo di 15 anni), le vicende che egli, suo malgrado, si trova a dover affrontare. Il ragazzo sarà testimone della reale vita dei pirati, fatta di crudeltà, superstizione, avidità e depravazione. Vedrà con i suoi occhi il confine tra la leggenda e la violenta realtà di un paradiso tropicale infestato da demoni sanguinari. Un enigmatico messaggio, un mercato di schiavi africani, la scoperta di un sentimento ancora acerbo in lui che è l’amore, un processo senza speranza, e le tetre celle della terribile prigione di Newgate. Nella profonda oscurità del male e della rassegnazione, vedrà la luce splendente della speranza e del bene, ma come la fiamma indifesa di una candela nella tempesta …

Carissimi amici di Sale & Pepe, e’ oltremodo confortante, in questo 1 Maggio così piovoso, recensire un
titolo che mi ha letteralmente trascinata nei caldi mari caraibici.
Il Seme del Palissandro è una lettura scorrevole e mai assolutamente banale poiché l’autore riserva al suo
protagonista una serie di vicende e fortune in un’altalena di imprevedibilità che coinvolge fino alla
chiusura del romanzo.
La storia si apre nel 1715, in una sonnacchiosa mattina uguale a tantissime altre per il giovane Patrick
Douglas, un quindicenne che scende nel piccolo mercato del villaggio in cerca di un regalo per la madre.
Il villaggio però sta per diventare il teatro di una scorribanda di pirati. Una ciurma di lestofanti della
peggior specie, capitanati dal sedicente Alexander, assalta il villaggio, lasciando dietro di sé morti, feriti,
danni a case e negozi e portandosi dietro il nostro Patrick chiuso senza tante cerimonie in un sacco e
caricato sulla nave pirata. E’ la discesa agli inferi per il giovane scozzese, assolutamente incapace di
nuotare e destinato a mesi di perigliose avventure a bordo della nave del capitano Alexander.
Costui è un italiano, un avventuriero arrogante e pieno di sé, convinto di esser diventato capitano per
merito divino e non piuttosto grazie ai soldi della ricca fidanzata, che gli hanno permesso di armare e
mettere insieme una ciurma di gaglioffi.
Lo sconforto provato da Patrick nel trovarsi scaraventato in una nuova esistenza viene alleviato da alcuni
membri dell’euipaggio, ossia il nostromo Hammer, scorza burbera che nasconde una brava persona o il
cuoco Abram, ex frate diventato pirata per necessità. Il suo più grande desiderio è pregare sulla tomba
della madre, deceduta nelle Indie Occidentali, e rispettarne le ultime volontà. Oppure ancora il giovane
Moses, scampato allo sterminio del suo popolo in Africa e imbarcato a forza come mozzo esattamente
come Patrick.
Lungo la rotta verso la leggendaria Tortuga, l’equipaggio di Alexander affronta ed ingaggia epici duelli
navali, e Patrick ci racconta questi fatti attraverso l’ausilio di un diario, procuratogli dal capitano in
seconda, il giovane Fenwick.
Tra fatti realmente accaduti, pirati entrati nella leggenda per le loro imprese e ricchezze, l’autore ci
trascina in un mondo che adesso noi percepiamo come avventuroso ed epico (da temeraria quattordicenne
il mio sogno era prendere il mare, adesso l’unica cosa che prendo è il Polase ma vabbè) ma che in realtà
era appannaggio di gente senza scrupoli, crudele fino all’efferatezza più bieca e abietta. Solo il codice del
pirata riscattava pallidamente le loro nere anime. Un codice fatto di democrazia e voti di maggioranza,
dove neppure il capitano della nave aveva il potere di opporsi, ed uno stile di vita basato su tragiche
alternanze di fortune.
“Lì tutto è eccessivo e ogni uomo può agire senza nessuna remora morale, l’abominevole si circonda del
sublime, il candore si unisce al putridume, il confine tra la vita e la morte svanisce e l’anima più pura può
essere corrotta con sconcertante disinvoltura. E’ come se Dio avesse voluto verificare empiricamente la
condizione estrema di uno dei Suoi doni più preziosi, il libero arbitrio, osservando incuriosito fino a che
punto possa spingersi l’uomo con le sue fragilità e le sue debolezze, di come egli possa rimuovere con
grande facilità ogni scrupolo e compiere ogni genere di nefandezza per un’insaziabile avidità. Un
laboratorio divino, di fatto.”
Il viaggio di Patrick prosegue nel Mar dei Caraibi finché il destino non offrirà a Patrick la possibilità di
salvare una giovane vita, assieme ad un seme di palissandro.
Come simbolo di speranza e rinascita.
Assolutamente da leggere.
Un bacio e alla prossima.

ELEONORA

Loading

La nostra votazione

Pubblicato

in

da

Commenti

Una risposta a “Recensione “Il seme del Palissandro” di Massimo Rozzoni”

  1. Avatar Massimo Rozzoni
    Massimo Rozzoni

    Ciao carissima Samy, 😉👋
    sono Massimo Rozzoni, l’autore de “Il seme del palissandro”. Io e mia moglie Giovanna Forti, vi ringraziamo di cuore per la bellissima recensione che Francesca ha redatto con grande accuratezza. Per chi scrive è bellissimo leggere quello che si è riusciti a comunicare al lettore e Francesca lo ha fatto molto bene! Siete state gentilissime … 👍🥰🥰🥰 Mi avete dato 5 ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️ e io vi do 5 ❤️❤️❤️❤️❤️….
    Un appunto … la recensione ha svelato l’intero finale del racconto (ha spoilerato come si usa dire), non c’è più l’effetto sorpresa e ciò potrebbe essere una cosa negativa per chi si appresta a voler leggere (scoprendolo pagina dopo pagina) il romanzo.
    Si potrebbe sistemare in tal senso? Spero proprio di si.
    Vi ringraziamo ancora e vi auguriamo una buona giornata!
    Massimo e Giovanna

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *