Recensione “Chicago Blues” di Angelo Fabbri e Marilena Migiani

 

 

 

Primo romanzo edito da WM Edizioni, con la prefazione del bluesman Mario Donatone: “Blues è la vera ispirazione di fondo di questo romanzo, con il suo realismo, le sue esistenze incompiute, i suoi densi sottintesi psicologici che raccontano più di ogni altra cosa i rapporti umani. Blues sono le conversazioni, sobrie e pungenti, tra i vari personaggi, il loro ambiguo incedere tra sogno e realtà (con qualche concessione all’incubo)”.

“Due cose si notano subito della scrittura a quattro mani di Angelo Fabbri e Marilena Migiani: l’estremo dinamismo dell’azione, che aderisce in modo puntuale alla realtà storica di quella società, accompagnandone il febbrile e compulsivo movimento, e la scelta “politically uncorrect” di adeguare la narrazione al clima rude e razzistoide di quel mondo urbano ai margini di sé stesso”.

Chicago è riconosciuta universalmente come la città del blues: questo primato non gli è stato assegnato a caso, ma in virtù di una lunga serie di ragioni storiche e culturali. Dalla fine della schiavitù in poi gli afroamericani si ritrovarono all’interno dei meccanismi quali la dislocazione territoriale del lavoro alla frammentazione sociale e familiare. Il blues e il jazz furono i prodotti artistici che espressero in modo forte e innovativo la creatività e il talento di tanti di loro. Nell’America dei primi decenni del secolo scorso questi generi musicali rappresentarono un originale modo di cantare quel mondo precario. Non troppo diversa era la situazione di chi, come tanti italiani, emigrava dal proprio paese in cerca fortuna. Afroamericani e italiani: due comunità che negli Stati Uniti si sono sempre guardate con una sorta di amore-odio. Dotati di senso collettivo e di fantasia improvvisativa si contendono i primi posti nel mondo dello spettacolo e dello sport. È proprio nel mondo del pugilato che inizia questo affascinante racconto corale, ambientato a Chicago negli anni ‘30 del Novecento. In una malandata palestra gestita da un afroamericano e taglieggiata dalla mafia italiana, si presenta il diciassettenne Micky Sanpaoli – tipica “white hope” – dotato dell’energia e della disperazione che spingono chi viene dal ghetto a gettare il cuore oltre l’ostacolo pur di ingannare il destino. L’apparizione di questo personaggio crea una sorta di aggiustamento tra gli estortori italici e il vecchio uomo di sport, in funzione della preparazione di Micky e del suo lancio nel firmamento della boxe. Da questo scenario si snodano storie più o meno collegate e sono via via introdotti i personaggi che arricchiscono questo affresco sociale ed epocale. Uno dei centri della narrazione è il locale Blues Serenade, gestito da mafiosi italiani, che vede un gruppo musicale neroamericano stabile esibirsi ogni sera.

La narrazione di Chicago blues è costantemente pervasa dalle tracce di questo mondo musicale alle sue origini, e le dissemina ovunque, dagli angoli delle strade ai sottoscala di palazzi fatiscenti.

Il blues comincia a penetrare in questa storia in sottofondo e accompagna poi tutta la vicenda attraverso personaggi veri o inventati, ma mutuati dalla realtà storica, come Ruth Evangeline Tyson, “the devil’s wife”, chitarrista donna, nera e storpia, che incarna molti dei cliché del blues dell’epoca e del blues a venire: in particolare si vedano i legami, più o meno ostentati, con il diavolo. La scelta letteraria di potenziare l’eco di questa significativa aneddotica con la carica eversiva della figura femminile di Ruth, associata alla sua invalidità fisica, porta con sé una serie di provocazioni simboliche.

Inizio col dire che non è stato un libro di facile approccio, anzi.

La storia è abbastanza complessa, non ha un genere definito di appartenenza, racchiudendo a mio avviso complessità, descrizioni e sviluppi di vari genere.

C’è musica, sport, c’è storia vissuta, ci sono tratti di storia, di narrativa, il tutto ben congeniato e strutturalmente degno di nota.

Ho apprezzato molto questo romanzo, è il primo di questo duo di scrittori e devo dire che è stata una sorpresa leggerlo, scoprire le varie sfumature e ansiosa di scoprire come e dove potesse arrivare la fantasia degli autori.

Inizia con il mondo del pugilato per poi trovarci nella malavita di Chicago, violenze, omicidi, stupri, ricatti sono all’ordine del giorno in quella immagine della città non visibile a tutti.

E’ un romanzo ricco e complesso, per certi versi non gestibile in poche ore di lettura, cattura pienamente l’attenzione del lettore, che dovrà segnarsi nomi e luoghi per poter stare al passo.

Tina, Micky, Paddy, la famiglia Lo Cascio e quella Mancuso. Il Blue Serenade che fa da sfondo, cornice e palconoscenico oltre alle strade isolate e buie della citta di Chicago, sulle note del Blues la storia si snoda in tanti “siparietti” di notevole importanza.

Ho amato la musica che accompagna ogni capitolo della storia, brani dell’epoca che fanno rivivere in prima persona la storia raccontata, sembrerà di essere lì a un passo dall’irrealtà, a cercare di sopravvivere in quel contesto chiamato, Vita.

La dinamica del romanzo è abbastanza veloce, il tutto si svolge in un lasso temporale breve e i personaggi sono troppi e ognuno da’ quel contributo prezioso al romanzo.

Linguaggi, dialoghi, personaggi, e la narrazione stessa rude e diretta, sono consone al contesto.

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