Recensione “450 giorni” di Eva Ines Delgado

 

 

 

 

 

 

450 giorni. Per molti sono solo un numero, ma per me significano l’inferno.

Immagina di non avere ancora compiuto ventotto anni e di essere un pilota di Formula 1, il più talentuoso dell’ultimo decennio. Mi chiamo Morris ed ero a un passo dalla decima vittoria del Gran Premio, quando la McLaren su cui volavo verso il trionfo ha deciso di catapultarmi all’inferno.

Non posso più correre in auto e dunque non sto lavorando; il mio sogno di vita si è in pratica infranto. Ormai ci sono solo ombre, figure appannate e prive di volto, ma una è diversa dalle altre. Me ne sono accorto subito quando l’ho notata in questo posto sperduto in cui mi sono rifugiato per non incontrare più nessuno.

Riconoscerei fra mille la sagoma minuta di Pearl ed è veramente strano perché non ho idea di come sia fatta. Il suo volto, il suo corpo, che sguardo abbia, di che colore siano i suoi capelli, se lisci o mossi… È tutto un gigantesco punto interrogativo. Ha una personalità tanto unica e irriverente che ho provato a immaginarla mille volte in questo periodo in cui vivo con un ventesimo scarso di residuo visivo e in qualche occasione ci sono anche riuscito, ma non è come vederla davvero. Sarei disposto a tutto per poterla guardare bene anche solo per qualche secondo. Giuro che tornerei su quell’auto e sarei pronto a vivere persino un altro incidente, dal quale magari non mi risveglierei neanche. Perché la sua indole è qualcosa di trascendentale, ed io sono confuso. Forse mio padre ha ragione: niente accade per caso.

La vita a volte sembra toglierti tutto ma spesso lo fa con un fine, seguendo un disegno molto più complesso di quello che puoi immaginare. E inizio a credere che ciò che ha in serbo per me sia grande, che lo sia davvero; è molto più grande di me.

450 giorni sono i giorni trascorsi dalla morte alla sua rinascita, il suo inferno personale in terra.

Lei è considerata una catechista frigida e dedita a lavoro e fattoria.

Lui un pilota di formula uno che, a seguito di un incidente piuttosto grave, decide di esiliarsi in una villa.

“Non volevo vicini, e invece ne ho una e pure rompicoglioni.”

Tralasciando la parte surreale di lui solo nel cottage con il suo handicap, la storia merita e quell’amore che lentamente cresce, fa scaturire quei magnifici batticuore.

Un nome che si ripete a intervalli continui, “Meryl”, colpe che aleggiano su quel cuore martoriato, promesse fatte su un letto di morte e la cattiva stella che ancora persiste e si vanta dei suoi misfatti.

“Non mi dispiacciono le ragazze basse. Non mi dispiacciono le donne formose. Non mi dispiaci tu, Pearl.”

La lettura è scorrevole e, a parte qualche piccola parte che per me è sembrata troppo surreale, è stata una buona lettura.

ELEONORA

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