TITOLO: La rivincita del cuore
AUTORE: Nicole Lennek
EDITORE: Self Publishing
PUBBLICAZIONE: 6 febbraio 2017
GENERE: Contemporary Romance
PREZZO: Euro 1,20
«Fatemi passare, sono… sono suo padre.»
Un urlo disperato, la rabbia, la paura, la sensazione dannatamente reale e
mostruosamente irreale.
Roberto è un Ispettore di Polizia che ama aiutare gli altri: la sensazione di benessere che lo
accompagna quando arresta un delinquente è il suo ossigeno. Ma questa volta è lui a essere in difficoltà perché Sofia, la sua piccola principessa, era sparita e finalmente è stata ritrovata.
È lì, distesa a terra, fredda, immobile. Quando il mostro colpisce, il dolore è disumano e tutto si sgretola: il suo mondo diventa un buco nero da cui non riesce a emergere, non senza aver arrestato il colpevole. Vendetta, verità, bugie. Tutto cambia e i confini sbiadiscono.
L’unica speranza di far luce sull’accaduto sarà affidarsi e fidarsi di Stefania: il nuovo capo, la donna di ghiaccio, la professionista inflessibile. Da subito tra loro sarò scontro aperto, in bilico tra ammirazione e diffidenza. Il cuore di Roberto si è fermato, quello di Stefania è racchiuso in una scatola d’acciaio; tra loro ci sono Lucia, Guido, Raffaele e Giovanni.
La rivincita del cuore non sarà una partita semplice da giocare, perché le tragedie possono unire o distruggere.
Un romanzo introspettivo, una storia di cambiamento, un libro sulla maturità dell’amore.
Si fece forza e le chiese se avesse avvisato Niagari, il suo ex fidanzato, il padre biologico di Sofia che, fortunatamente, non aveva mai fatto parte della loro vita. Per lui era stata solo un errore; per Roberto no.
L’aveva amata.
Sofia era sua figlia.
La sera della Vigilia di Natale l’aveva portata a vedere il presepe vivente in centro a Bologna. Avevano riso, cantato le tipiche canzoni e catturato alcuni fiocchi di neve che stavano cadendo dal cielo. Poi si erano fermati nella Piazza delle Sette Chiese a osservare alcuni cani giocare insieme ai loro padroni. La manina di lei nella sua.
Era voluta salire sulle sue spalle. Lo aveva fissato con innocenza e fiducia; lui le aveva sorriso, non sapendole dire di no. Sofia aveva urlato di gioia, sgambettato e l’aveva stretto a sé.
Le loro ombre si erano proiettate nell’imbrunire e sulla neve erano sembrati una figura unica, indissolubile.
Era stata sua figlia e di nessun altro uomo.
E per lei avrebbe dato la vita.
Lui rimase immobile, fermo in cucina, in piedi. Si guardò intorno e non vide nulla; si spostò verso la finestra e rimase ad osservare sua moglie avviarsi alla macchina.
Ammirò il suo fisico ancora perfetto, il passo sciolto. Ultimamente si incrociavano e basta, non avevano alcun dialogo. Lei entrava e lui usciva. Lei si dedicava alla palestra con le amiche, lui andava a correre con alcuni colleghi.
Dove erano finiti i giorni in cui si sentivano ogni mezz’ora?
Dove erano finite le gite fuori porta?
Dove erano finite le passeggiate romantiche?
Dove erano finiti i baci?
Dove erano finite le carezze?
Non era rimasto nulla.
«No, Roby, fermati.»
«Perché? Non sto facendo nulla, Stefania. Sto solo consolando un’amica.»
«Noi non siamo amici, non lo siamo mai stati. Sono il tuo capo, e tu sei un collega.Vattene, per favore.»
Roberto scrollò la testa. Allungando la mano le slacciò i primi tre bottoni della camicia e poi si fermò, sfiorandole la pelle nuda. Le abbassò la camicia sulle spalle e con un dito percorse il bordo del reggiseno.
«No. Se vuoi fermarmi, fallo. Ma in ogni caso rimarrò qua, ti starò vicino e ti abbraccerò. Non ti lascerò da sola.»
Le mani di lei, come mosse da volontà propria, passarono dalla schiena di lui al bordo della maglietta e la sollevarono. Stefania la fece cadere a terra e iniziò ad accarezzare il suo petto, lentamente. Sfiorò i capezzoli, la peluria soffice, l’ombelico e seguì con l’unghia l’andamento curvilineo dei jeans.
Roberto le slacciò completamente la camicia e gliela sfilò gettandola a terra con rapidità. Cominciò ad armeggiare con i pantaloni, ma si bloccò. Le sfiorò ogni centimetro di pelle, per poi costringerla a guardarlo.
«Stefania, puoi ancora fermarmi. Se non lo farai, andremo fino in fondo e domani non vorrò sentire recriminazioni o rimpianti. Ci rivedremo in ufficio e dovremo essere come sempre, come ieri, come l’altro ieri, come la settimana scorsa. Non voglio rovinare il nostro rapporto e non voglio crearti problemi sul lavoro, ma non posso più negare ciò che c’è tra noi.»
Stefania allungò le mani sul bottone dei jeans di Roberto, li aprì e li abbassò guardandolo negli occhi. Tirò l’elastico dei boxer e lo fece ricadere sulla sua pelle, producendo uno schiocco che preludeva l’inevitabile.
Gli sorrise e con voce roca disse la verità.
«Ci stiamo girando intorno da un po’. Non fermarti. Non fermiamoci.»
Voleva lasciarsi andare: per una volta voleva essere solo se stessa, non la donna tutta d’un pezzo, non l’integerrimo Vice Questore Aggiunto, non la donna di ghiaccio.
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