Recensione “Villa Luna” di Debora Spatola

 

 

 

 

 

E’ solo una scommessa con l’amico, un’eccitante scommessa. Deve rapirla, violentarla e ucciderla. Un diversivo per disprezzare l’esistenza, per offenderla. Ma il destino non sempre segue i nostri progetti, la vita non lascia mai una sola strada da percorrere. E il male, quel male viscerale nato dall’odio, dal dolore, dalla malattia, non sempre rigetta l’amore. Lui, una ballerina, e quindici giorni in una villa ai confini del mondo. Un romanzo che non teme la verità.

Sbalorditivo.  Diabolico. Surreale. Sono frastornata.

“Tramutare l’odio in amore? Sfidare la natura?”

Diciamo che la trama in sé non è nelle mie corde. Lei viene rapita e violentata, lui è uno psicopatico  con personalità multiple, direi. Poi il romanzo si evolve, diventa psicologico e, a tratti, surreale. La mente machiavellica dell’autrice è così abile nella scrittura da lasciarci con la bocca spalancata, non solo aperta.

“Un controsenso. Ho detto che ti odio, che mi fai schifo, eppure… sento il tuo odore durante la notte, sogno quegli occhi assurdi che hai e…”

Lui è il peso mentre lei è il vuoto. Opposti. Lui, Aleandro,è un essere maledetto: morte e vita si sono incontrati e scontrati in quell’anima tormentata, nato e distrutto. È volutamente privo di equilibrio.

Non sto lì a condannare tutti gli eventi della trama, ma se baso il mio parere sull’aspetto della scrittura, sull’evoluzione della trama, sul piano in cui si è posto il romanzo devo ammettere che è un’ottima lettura.

“Non ho paura di te… – Io di te ne ho… Tu sei il mio pacchetto di sigarette.”

Villa luna non è solo il titolo del romanzo, ma il perno della storia, infatti tutto ruota attorno a questa struttura, a questo nome, sotto il quale si celano segreti e dolore.

“Adesso io scelgo di finire dall’inizio.”

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