Recensione “Non sono un assassino” di Francesco Caringella

 

 

 

È un freddo e piovoso mattino d’autunno, quando una scena raccapricciante sorprende la domestica del sostituto procuratore Giovanni Mastropaolo: l’uomo giace nello studio della sua villetta, la fronte bucata da un proiettile. Non ci sono segni di effrazione e gli inquirenti rimangono sconcertati: l’omicidio non ha le caratteristiche tipiche di quelli compiuti dalla malavita organizzata, ipotesi che sembrava la più probabile, dato che la vittima era nota per le sue indagini contro la nuova camorra pugliese. E così, anziché rivolgersi verso l’ambiente criminale, i sospetti si concentrano su Francesco Prencipe, vicequestore, legato a Mastropaolo da antichi rapporti di amicizia e di collaborazione professionale. Dopo un drammatico interrogatorio, il funzionario viene accusato del crimine e arrestato. A questo punto l’unico modo che Prencipe ha per non finire i suoi anni in galera è quello di imbarcarsi in un’ardua battaglia giudiziaria per dimostrare la propria innocenza. Ma nel processo che lo attende verità e menzogna troppo spesso si intrecciano, separate da un sottilissimo filo… Un omicidio senza movente, un’indagine mozzafiato e un finale inaspettato per un esordio sorprendente e unico, che vi terrà incollati fino all’ultima pagina.

Questo romanzo parla di un’accusa di omicidio e di un processo, descritto nei minimi dettagli, anche quelli che potrebbero sembrare insignificanti.

È impossibile non vedersi il processo davanti agli occhi, con l’aula ben definita e i giudici che guardano anche te, oltre all’imputato. La grande capacità di scrittura dell’autore nasconde poesia tra le parole, una di quelle che si percepiscono, che si leggono tra le righe.

L’autore è riuscito a rendere perfettamente ogni sfumatura di ognuno dei personaggi, ne descrive anche la sensazione che gli da’ un’espressione, un movimento… 

Ho amato il suo modo di scrivere, pur essendo troppo descrittivo, ma finché non sono arrivata alle ultime pagine del romanzo, ho sentito la mancanza di qualcosa: un sentimento provocato dall’autore o forse la presenza stessa dello scrittore. La mia percezione è stata che fosse tutto troppo statico, troppo concentrato sui fatti piuttosto che sul protagonista

Bisogna anche restare molto concentrati per non confondersi con i molti flashback intrecciati alla narrazione. 

Un consiglio: non aspettatevi niente, non pensate di aver capito prima di arrivare alla fine. Lasciatevi trasportare dall’autore. Solo così ne godrete appieno! 

firma Claudia

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