Recensione “L’ultimo testimone” di Krank Krake

 

 

 

 

Nascosto sul tetto di un treno, il ventenne Wim Aloserij riesce a fuggire dai campi di lavoro obbligatori nella germania nazista. Il giovane si nasconde poi in una fattoria, dormendo per mesi in una cassa di legno nascosta sottoterra. Ma neppure lì è al sicuro.

Infatti, nel 1943, Wim viene catturato nel cuore della notte durante un raid, e trasportato nella famigerata prigione della Gestapo ad Amsterdam. Lì, la sua vita cambia per sempre quando viene catapultato nell’incubo dell’Olocausto e trasportato ad Amersfoort, il primo dei tre campi di concentramento di cui conoscerà gli orrori. Wim è costretto ad adattarsi rapidamente a quell’ambiente infernale, ma alle spalle ha un’infanzia di abusi e privazioni subite da un padre alcolizzato e violento, e la corazza dentro cui è cresciuto lo aiuta a sopravvivere anche nelle altre due occasioni di internamento. Tuttavia, è con l’approssimarsi della fine della guerra che Wim deve attingere alle sue ultime forze quando si ritrova nel bel mezzo del fuoco incrociato alleati-nazisti.

All’età di 94 anni, finalmente Wim si è sentito pronto a raccontare, con dovizia di dettagli, la sua incredibile storia, tenuta segreta per così tanti anni. Un racconto vivido di coraggio e resilienza. L’ultimo testimone è una lettura avvincente che lascia senza fiato.

Wim ripercorre a ritroso la sua vita ai tempi della guerra, la sua sopravvivenza in ben tre campi di concentramento con la fluidità mentale e un buon inquadramento spazio-temporale.

Arrestato ad Amsterdam per ragioni politiche verrà trasportato prima ad Amersfoort, poi a Neuengamme e infine a Husum.

Un racconto passo dopo passo di quei giorni terribili, anni dietro a quelle torture, fame, morte e dolore.

Dopo un’infanzia fatta di violenze e abusi da parte del patrigno, i campi di concentramento faranno di lui lo spettro di uomo salvato dai sovietici.

Coraggio e resistenza, sogni infranti e giorni vissuti nell’oblio, in quel ritaglio di mondo dove vivere era un sogno, un’irrealtà e salvarsi era un’utopia.

Avvincente, cruento, a tratti inverosimile e difficile da digerire, il romanzo lascia dentro ogni lettore una traccia di sé, difficile da dimenticare.

ELEONORA

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