Recensione “Lo strangolatore di Little Rock” di Juri Casati

 

 

 

– Chi uccide a Little Rock, Arkansas? Chi è l’inafferrabile assassino che semina il panico e che nessuno sembra in grado di fermare? Forse solo i morti lo sanno… Un imprendibile strangolatore semina il panico a Little Rock, uccidendo persone che sembrano scelte a caso. La catena degli omicidi ha una lontana origine: l’incendio dell’ospedale dei Veterani avvenuto trent’anni prima. Sarà una sensitiva che dice di parlare con i morti a indirizzare l’FBI sulla pista giusta. O forse verso qualcosa di ancora più terribile e inaspettato…

Quello di Juri Casati è un raro talento. E non solo perché sa coinvolgere il lettore con storie incredibili al limite tra realismo e mondo onirico, ma perché fa sue le influenze dei grandi autori americani, innovandole e rendendole sempre più attuali. E così, nello strangolatore di Little Rock possiamo avvertire la vena satirica e ribelle di un autore al pari di Steinbeck grazie alla presenze di personaggi al limite, quasi dei deviati posti agli angoli di una socialità perbene, e anche quella capacità narrativa tipica di autori come Ambrose Bierce che riescono a portare lo straordinario nella normalità. O meglio, farci rendere conto che, in questo piano dell’esistenza, così accuratamente banale, ristretto e quasi noioso, l’orrore è pronto a ghermirci e a portarci dritti verso l’inferno. Un inferno terreno fatto di ripicche, di piccole vendette quotidiane, di frustrazioni e persino di sconfitte. E sono le ultime a rendere Little Rock un posto straordinariamente ordinario quanto preoccupante. Al confine con la proba cittadina, perse nei suoi intrighi, impegnata a tessere con abilità i fili del potere, si cela la terra di nessuno, dove le leggende prendono vita e trasformano una foresta in una vera a propria zona x. Sparizioni, omicidi strani e un silenzio irreale fanno da sfondo a una vicenda che non perde mai, e sottolineo mai, il suo ritmo ossessivo. Casati ha la caratteristica di non far mai scendere l’adrenalina, a differenza di altri thriller. Anzi, continua a portarla a livelli elevati fino al parossismo, scatenando nel lettore fragile e alla mercé della sua arte una sorta di parossismo di terrore. Cosa accade lì in quell’area apparentemente tranquilla? Quale demone umano o non umano si aggira nascondendosi nei cespugli? Perché non si ode il canto di un uccello o non si avverte il movimento di uno scoiattolo? E dove vanno a finire gli animali, i compagni fidati e fedeli, i custodi delle case dei cittadini?

Un serial killer diviene, così, il simbolo del male nascosto in ogni apparenza di normalità, dei demoni che, rifiutati dalla società dichiaratasi perbene, divengono ancora più pericolosi, più tenebrosi proprio perché riescono a crescere e prosperare nel silenzio. Ed è il silenzio, quell’assenza, quella strana stasi, che diventa più oscuro e allarmante dei delitti e delle sparizioni. È nel silenzio, infatti, che si compiono gli abomini più brutali. Ed è il silenzio che rigurgiterà una verità assurda quanto agghiacciante.

Pronti per entrare nella strana immobilità di Little Rock?

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