Recensione “ Le distrazioni” di Federica De Paolis


Viola, come ogni giorno, ha portato Elia ai giardinetti del quartiere. Da quando ha avuto l’incidente, poco meno di due anni prima, tutto le è faticoso, quasi insopportabile.
Così come sono insopportabili i continui ritardi di Paolo. Per questo, quando lo vede arrivare da lontano, Viola non aspetta neanche che entri nel parco e se ne va. Ma proprio in quel momento lui è raggiunto da una telefonata, deve tornare in ufficio, un impianto di cui è responsabile ha preso fuoco.
Elia, che ha solo diciotto mesi, resta solo. Abbandonato al suo destino. In una porzione di Roma grigia e desolata come una landa.
Prima che la coppia si accorga che è scomparso passano secondi, minuti. Poi, la consapevolezza. Dov’è Elia? Si è solo allontanato? Qualcuno lo ha preso? Chi può essere stato? C’entrano i Rom del campo vicino? O riguarda il lavoro di Paolo, che da avvocato ha a che fare con persone influenti e corrotte? Oppure potrebbe averlo trovato Dora, l’inseparabile amica di Viola, che Paolo non sopporta?

Avevo moltissimo interesse e curiosità di leggere il libro di cui vi parlerò oggi. Le recensioni sul bookstagram mi avevano fatto adocchiare questo titolo e mi ci sono tuffato a capofitto. Ma, devo ammetterlo, Le distrazioni di Federica De Paolis ha soddisfatto solo in parte le mie (a onor del vero, molto alte) aspettative.

Le distrazioni è un romanzo modernissimo, che parla di traumi, di coppie stanche, di maternità ricercata e sofferta. Tante tematiche che lo rendono un vero spaccato della nostra realtà.



“Gli eventi traumatici seminano eredità diverse, consacrano la vita lasciandoti addosso la voglia di viverla, oppure di abbandonarla, abitarla aspettando che passi.”


È un romanzo che ci mostra due personaggi in difficoltà, che sono a un passo dal perdere tutto, dal perdere l’unica cosa che conta davvero. È una storia di due personaggi, a modo loro, spezzati dalla routine, dalla quotidianità e da un passato con cui hanno difficoltà a convivere.
Ma è un romanzo che porta in scena un dilemma, doloroso ma intrigante per il lettore: può un partner aspettare che la persona che ama si riprenda dopo un trauma, anche quando gli strascichi di ciò che è successo si mettono di traverso alla vita? Per quanto tempo si può resistere? Si può credere ciecamente che qualcuno superi un trauma, anche quando questa fiducia ti strema?
Tante domande per un libro che non dà risposte, ma che mostra i personaggi nei loro limiti e nelle loro difficoltà a rimettere in carreggiata una vita normale, una vita che non sempre appare ai loro occhi degna di essere vissuta.


“Quante cose si possono perdere in una vita?
Non c’è confine alla perdita se non esiste un argine. E lui lo sa bene, se non si fossero arresi, se non avessero smesso di sapere dov’erano, ora Elia sarebbe lì. Nel presepe tiepido dei cuori secchi.”


La scrittura della De Paolis è agile, con qualche guizzo, sempre calato al punto giusto. È un romanzo che non definirei trascendentale, ma che stuzzica il lettore e lo accompagna nelle vite di due personaggi realistici. Forse, la vera pecca – almeno per gusto personale – è che il romanzo manchi di un vero dinamismo. Gli eventi accadono nell’arco di una giornata e, a un certo punto, manca quel variare di eventi, di circostanze ed eventi che darebbero più frizzantezza alla storia.

Giovanni
3,5 stelle
3,5 stelle

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