Recensione “La solitudine di Asterione” di Danilo Parente

 

 

 

 

John è un uomo come tanti altri, o per lo meno così è sempre stato per gran parte della sua vita. Un buon lavoro in cui riesce bene, un bell’aspetto che gli permette di avere donne nuove quando vuole,

un rapporto conflittuale con il padre ma un ottimo ricordo della madre ormai morta e una sorella

particolare, un amico fidato e un cane devoto. Il prototipo dell’uomo che alla mezza età decide di

rimanere single per godersi il bello della vita. A un certo punto, però, qualcosa nella testa di John

scatta. I primi insuccessi sessuali coincidono con la perdita del lavoro, una scomparsa inaspettata e

un evento imprevedibile.

Questi avvenimenti cambiano irrimediabilmente la vita dell’uomo…

Un romanzo con una certa introspezione, la solitudine è la vera protagonista, in tutte le sue forme, in tutte le sue sfumature.

Asterione John, un uomo affermato sul lavoro, di bell’aspetto e con un certo successo tra le donne, la sua vita sembra perfetta, perfetta come la sua scelta di rimanere single per godersi i piaceri dati da rapporti occasionali senza legami sentimentali.

Ma qualcosa nella sua mente viene elaborato in seguito ad una serie di “insuccessi” e di situazioni imprevedibili e di stallo.

Il lavoro sembra non essere più una sicurezza, una “impotenza momentanea” rovina i suoi rapporti, già molto collaudati con le donne, l’avvicinamento con il padre lo porta a riflettere e a soffermarsi inconsapevolmente sul suo passato e sulle sue priorità, il suo migliore amico finalmente si fa avanti con la ragazza amata da sempre, nonché sorella di John.

Il colpo di fulmine con il suo superiore non agevola il meccanismo di riflessione appena innescato sulla sua vita, e dopo una folle notte di passione “l’abbandono” da parte di quest’ultima, sancisce una volta per tutte quel suo senso di solitudine.

Un libro che fa riflettere, un libro che sa leggere l’anima fragile dell’uomo, il male del secolo inizia ad elaborarsi tra le pagine, la depressione dovuta alla solitudine e alla mancanza di affetti duraturi e sinceri porta John ad autocommiserarsi, alla perdita effettiva della cognizione con la realtà e un percorso di auto adattamento ad una vita che odia e che non sente più sua.

Ammetto che la lettura pur se scorrevole, ti porta molto spesso a soffermarti e a prendere respiro, il tema trattato è così attuale e così ben descritto che il senso di malessere di John ti accompagna anche dopo aver chiuso il libro.

Un finale che lascia il sapore amaro in bocca, un finale che comunque rimane coerente con l’intero libro, eppure non si accetta.

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