Recensione “La scatola delle ballate morte” di Ludovica Rovi

 

Copenaghen, 1995. Liva Ladefoged ha quattordici anni e interpreta Santa Lucia al concerto del tredici dicembre. Il suo coetaneo Christoffer Blom è nel pubblico e, travolto da un colpo di fulmine, crede di star prendendo la febbre. Usciti dalla cattedrale, entrambi si scambiano uno sguardo che quasi sembra sussurrare un addio. Fortunatamente il Destino ha altri piani e, all’inizio dell’età adulta, Christoffer e Liva si incontrano ancora. Lui, da uomo ambizioso qual è, si gode gli anni migliori studiando medicina, mentre lei restaura ballate morte e nel frattempo evita le relazioni a causa del proprio cuore spezzato. Tra qualche ingestibile segreto, comincia un rapporto altalenante, quando ruvido quando dolce. Gli scontri si evolvono in confronti e l’equilibrio tra due anime tanto discordanti sembra possibile. Amore e amicizia però rimangono sospesi. Penzolano sotto fragilissimi compromessi.

La “Scatola delle ballate morte” è un romanzo per spiriti malinconici che hanno fame di finali agrodolci, ambientazioni esotiche e personaggi imperfetti. Ciò che la sua cornice desidera suscitare è un momentaneo senso di nostalgia.

 

Ho scelto di leggere questo libro perché mi attirava l’idea degli spiriti malinconici e di un finale agrodolce. Capita spesso di leggere romance con un finale un po’ scontato, qui, invece, ho avuto modo di sperimentare altro.

 

Il modo di scrivere dell’autrice è particolare, diverso da quello che mi è capitato finora. Ha uno stile tutto suo che ho sia apprezzato che non. Non so bene come spiegarlo ma mi sono sentita attratta e allontanata da questo romanzo, e la cosa mi ha affascinata e non poco!

Sarà che siamo in Norvegia, nazione che amo, sarà che il freddo pungente sembra entrare anche nelle parole della Rovi, sarà che il distacco sentito dalla protagonista non mi sembra poi tanto anormale, ma non sono riuscita a smettere di leggerlo.

Conosciamo due personaggi, principalmente: Christoffer è un ragazzo un tantino egocentrico, disegnato con parole crude e non molto lusinghiere, ma che si fa voler bene; Liva è una ragazza distaccata, sembra essere aromantica e asentimentale, ha un modo suo di voler bene, ma non riesce ad esprimere a pieno le proprie sensazioni. Lei mi ha affascinata da subito: ha un ché di autistico nel suo essere, è estremamente sincera e aspra, è malinconica e triste, ha una storia passata difficile da superare, ma non sembra voler migliorare. Ci viene presentata un po’ come una vittima di se stessa, e, avendo difficoltà a comunicare in modo usuale con gli altri, vediamo quanto per lei sia difficile fare amicizia o lasciarsi andare.

 

Durante la narrazione veniamo trasportati più volte nel presente e nel passato di entrambi i protagonisti, così da conoscere il loro mondo di provenienza. Mi sono mancate delle informazioni, però, avrei letto volentieri di più sul rapporto tra Liva e la madre e su quello tra Christoffer e il fratello. Così come avrei voluto leggere qualche ballata morta… mi è mancato quello che il titolo mi aveva promesso, ovvero la scatola delle ballate.

 

Detto questo, spero di leggere altro dell’autrice, anche per vedere come evolverà la sua scrittura.

 

 

firma Claudia

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