Recensione “Il quadro perduto di Van Gogh” di Jonathan Santlofer

 

Per anni si è vociferato che, prima della sua morte, Vincent van Gogh avesse completato un ultimo autoritratto. Curatori e storici dell’arte hanno coltivato la speranza che questa voce fosse vera, ma nel tempo anche loro sono stati costretti ad ammettere che forse si trattava solo di una leggenda.
Luke Perrone, pronipote dell’uomo che rubò la Gioconda, e Alexis Verde, figlia di un noto ladro d’arte, rintracciano però il famigerato autoritratto, che diventa l’oggetto del desiderio di molti. Così, quando pochi giorni dopo il dipinto scompare, i due si uniscono all’agente dell’Interpol John Washington Smith in una pericolosa ricerca che non solo farà luce sugli ultimi giorni del tormentato artista olandese, ma li trascinerà nel lato più oscuro della Storia. Sotto quella tela si nasconde qualcosa di malvagio, qualcosa pur cui molti sarebbero disposti a uccidere.

 

Non è di certo un thriller o un giallo, ma un romanzo ricco di suspense e ben costruito che mi ha fatto trascorrere ore liete a scoprire che fine avesse fatto l’ultimo autoritratto di Van Gogh.

Amo questo pittore, le sue pennellate irregolari ma ad effetto, quei tocchi di colore surreali ed espressivi, i suoi soggetti ben diversi dai canoni di bellezza dell’epoca; un fuoriclasse, un pittore fuori da quel mondo, lontano da quell’epoca che mi affascina da sempre.

Luke e Alexis trovano per puro caso un autoritratto di Van Gogh, nascosto sotto la tela di un altro quadro, qualche giorno dopo il dipinto scompare e la coppia si unisce a Smith nella pericolosa ricerca.

Ci ritroveremo a viaggiare in lungo e in largo, scoprendo aneddoti curiosi sull’artista dalla vita abbastanza movimentata. Andremo indietro nel tempo, durante il presidio del Terzo Reich, quando le opere venivano vendute per finanziare la guerra e altre requisite per collezioni private.

Troveremo il colpevole? Sarà realmente l’ultima opera di Van Gogh?

A voi toccherà scoprirlo… io l’ho appena fatto.

 

Anna

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