Recensione “Il monastero delle nebbie” di Pierpaolo Brunoldi e Antonio Santoro

 

 

 

 

 

1217. Burgos. Castiglia del nord. Il corpo straziato di una monaca viene trovato nel chiostro del monastero di Las Huelgas. Del delitto è accusata Fleur d’Annecy, una ragazza dall’oscuro passato, rifugiatasi lì con il figlio Ruggero. Il francescano Bonaventura da Iseo, noto alchimista, è chiamato dalla badessa a fare luce sull’accaduto. Se Fleur sostiene che l’assassino è un uomo misterioso, avvolto in un mantello rosso fuoco, Magnus, il terribile monaco inquisitore, è di tutt’altro avviso: è la ragazza, che ha evocato un demone nel monastero, la colpevole. Bonaventura inizia la sua lotta contro il tempo per salvare dal rogo Fleur e mettere al sicuro il figlio, mentre le mura di Las Huelgas cominciano a tingersi del sangue di chi conosce i suoi mille segreti… Riuscirà l’alchimista a scoprire chi si cela dietro la mano dell’assassino, prima che la vendetta dell’inquisitore si abbatta anche su di lui?

L’abito non fa il monaco è il riassunto perfetto del romanzo.

Il frate Bonaventura, con la sua mente eccelsa, dirada la nebbia nel monastero, scoprendo chi si nasconde dietro agli omicidi; tutto ciò ovviamente non senza ripercussioni, si vengono a creare antipatie nei suoi confronti che lo porteranno a trovare maggior difficoltà a scovare la verità.

Lui, seguace di quella verità che la maggior parte degli abitanti del monastero cerca di nascondere, non riuscirà a salvare tutti ed avrà problemi anche a tirare fuori se stesso dagli imbrogli.

Bonaventura è un uomo buono, che ha visto e subìto molte brutture nella sua vita ma che, grazie al suo acume, riesce a tirarsi fuori dagli impicci in cui a volte cade per sua stessa colpa.

Lo scrittore ci porterà a dubitare di tutti, perché è quello che fa il frate, antico Sherlock Holmes, e ci aiuterà a capire che la fiducia non sempre viene riposta nelle persone giuste.

Il romanzo utilizza un linguaggio che ci riporta volontariamente nel 1217 ed è talmente preciso in alcuni punti che riesce a farci vedere il monastero come se camminassimo accanto ai personaggi.

La storia è ben strutturata così come i personaggi e niente viene lasciato al caso.

La lettura è veloce, tutto è spiegato alla perfezione e fa venir voglia di continuare a leggere per scoprire la trama dietro alla cospirazione.

Il finale è diviso in due parti: la prima forse un po’ prevedibile, ma la seconda è talmente sorprendente che anche Bonaventura ci rimane male.

firma Claudia

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