Recensione “Il mistero di Penelope. La saga di Itaca” di Claire North

 

Sono passati diciassette lunghi anni da quando Ulisse, re di Itaca, è salpato verso Troia, portando con sé ogni uomo o ragazzo in grado di combattere. Nessuno di loro ha mai fatto ritorno, e da allora solo le donne sono rimaste sull’isola. Penelope era ancora poco più che una fanciulla quando fu data in sposa al grande re. Il matrimonio avrebbe dovuto garantirle protezione e sicurezza per tutta la vita. Ma le cose sono andate diversamente. Ha imparato che per essere una regina non è necessario avere accanto un re. Ma adesso che dal mare arrivano inquietanti dicerie sulla morte di Ulisse, i pretendenti non si fanno attendere. Colui che sposerà Penelope siederà sul trono di Itaca. Ma chi sarà degno di una simile impresa? Mentre la regina si ingegna per guadagnare tempo e impedire che uno degli usurpatori arrivi a rivendicare il diritto di sposarla, oscure trame vengono ordite nell’ombra e la terra sembra pronta a esigere un tributo di sangue. Stretta nella morsa degli intrighi politici, Penelope potrà fare affidamento solo sulle donne di Itaca per proteggere la sua casa. A qualunque costo.

 

“C’erano una volta tre regine che giocavano nei campi di Sparta, bambine che correvano scalze al sole. Dove sono adesso?”

Amante sin dall’infanzia dei poemi epici, non ho potuto esimermi dall’avvicinarmi a questo romanzo e non potete immaginare la mia sorpresa!


Narrato da Era, dea dell’Olimpo, questo romanzo racconta, senza troppi fronzoli poetici, quella che sarebbe potuta essere la versione più veritiera della situazione ad Itaca, 17 anni dopo la partenza di Odisseo (Ulisse). L’occhio femminile e dissacrante della dea non risparmia niente a nessuno e ci “smonta” un po’ l’idea romantica che ci eravamo fatti della situazione. I poeti pagati per rendere onore ai loro padroni tendono a infiocchettare personaggi e situazioni, la nostra narratrice, con una vena ironic,a invece, ci fa vedere i personaggi per quello che sono: uomini sporchi, maleodoranti e ben poco dotati di carisma.


Trovo sia un manifesto che dia finalmente risalto ad un aspetto che, leggendo i poemi epici, è stato ignorato, come se, alla partenza dei guerrieri, a casa tutto fosse stato messo in pausa. Questa altra metà del cielo, queste regine, cacciatrici, ancelle (“anche le ancelle sognano, persino quelle a cui i poeti non danno un nome”), hanno provveduto a mantenere saldi i troni, nutrito il bestiame, coltivato i campi, procacciato la selvaggina, cresciuto figli e badato agli anziani. Donne considerate passive, oggetto di brame fameliche, si sono dimostrate all’altezza del loro compito, unite dall’intuito, dall’arguzia e dalla compassione.

Penelope ci viene descritta come una donna estremamente saggia, pondera attentamente le sue parole e azioni, cerca di procrastinare le nuove nozze che tutti vogliono per lei, per poter dare un nuovo sovrano a Itaca. Brillante e dal pensiero acuto, non si fa intimorire dalla minaccia di un’invasione di barbari: studia ogni possibile soluzione che possa proteggere la sua gente e il figlio Telemaco. Quest’ultimo è dipinto invece come un giovane che viene poco considerato dal suo popolo, un inetto che poco ha a che fare con il glorioso genitore. La sua voglia di riscatto, di difendere la propria patria è ammirevole, ma Penelope incarna il perfetto prototipo di madre mediterranea: protettiva, forse troppo.

Quelle madri di cui non importa alla storia, come dice un’altra delle dee che incontreremo, Atena: “chi se ne frega delle madri? I poeti non cantano di parti. Ai poeti non importa se il latte scorre rapido o lento. L’unica madre che valga la pena nominare è quella che accoglie il figlio guerriero al suo ritorno! Le uniche canzoni che vengono ricordate, le uniche intonate nei palazzi dei re, sono quelle sugli uomini che diventano qualcuno! I guerrieri e gli eroi che muoiono per la gloria! A chi cazzo gliene frega niente delle stupide madri?!”


Le vicende degli umani si contornano di quelle degli dèi capricciosi, quelli che sussurrano all’orecchio o entrano furtivi nei sogni della gente, condizionandola. Ed è proprio questa dimensione divina ad avermi conquistata: l’occhio col quale tutto il racconto viene visto, quello di Era, la dea del matrimonio, della famiglia, così legata alle sue regine.

Elena Clitennestra e Penelope, spartane, cugine, regine, note per aver scatenato la guerra di Troia la prima, per aver regnato in assenza del marito e per averlo assassinato poi la seconda e per aver atteso quasi venti anni il marito tessendo la sua tela, la nostra Penelope.

“Tre figlie di Sparta divennero tre regine in Grecia e io le amo, potenza nelle voci e fuoco negli occhi, persino Penelope, persino quella che sorride e dice che lo fa per suo marito, io l’amo, l’amo. Ma nessuno ha mai detto che gli dèi non facciano preferenze ed è Clitennestra la mia preferita, la mia regina sopra tutte le altre, quella che vuole essere libera”

La scena della morte di Clitennestra mi ha commossa al pari di quella di Ettore nell’Iliade, ed è stato proprio grazie alle parole della dea narratrice che tutto acquista sacralità. La delicatezza e l’amore che rivolge alla sua regina prediletta sono commoventi, impossibile trattenere le lacrime.


Quindi sì, ho amato alla follia questo romanzo che ha riempito, con la magnifica fantasia dell’autrice, le zone d’ombra lasciate da Omero.


Non è un romanzo da divorare in un giorno, va letto con parsimonia, facendoci riaffiorare alla mente le storie dei personaggi studiati, e approfondendo con delle ricerche quelle dei dimenticati o ignorati.


Indubbiamente, quest’autrice ha un talento notevole, rende facile e coinvolgente una storia scritta più di duemila anni fa, cercando di mantenerne lo stile.


Ho tante parole e sentimenti che vorrei condividere per rendervi partecipi di quanto questo romanzo abbia significato per me: ha chiuso un cerchio, ha colmato lacune, ha donato giustizia alle donne, tutte.

 

Valutazione 5 stelle con lode.

firma Anna

firma Claudia

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