Recensione “Gabriel” di Mary McLane

 

 

 

 

Inghilterra, 1865. Nella brughiera delle Midlands nasce un amore sbagliato, l’ossessione di Alain per Gabriel. È un sentimento destinato a sopravvivere a tutto: ai rimorsi di Gabriel, al suo autolesionismo, alla gelosia di Alain e alla violenza con cui cerca di legare a sé il ragazzo, che lo ossessiona e che sempre pare sfuggirgli.

Nell’Inghilterra Vittoriana di metà ‘800 Alain, rampollo di una famiglia benestante, viene esiliato dal padre a causa della sua condotta dissoluta, è costretto quindi a lasciare Londra e la sua bella vita, insieme alla sorella.

Nelle Midlands incontra Gabriel, ultimo erede della famiglia maledetta dei Lancaster, e ne rimane affascinato. L’attrazione diventa un’ossessione che porterà i due giovani in una spirale senza fine.

Alain è un giovane uomo torbido, affascinante e sicuro di sé, mentre Gabriel non riesce a trovare una collocazione nel mondo in cui vive. Fra il senso di accudimento dell’uno e il disperato bisogno di amore e approvazione dell’altro, nascerà una relazione controversa.

E’ da molto che un libro non mi prendeva in modo così profondo; dannazione è il termine giusto per descrivere i personaggi, le loro personalità ed inclinazioni.

Due giovani che entrano nel cuore del lettore per i loro caratteri così contrastanti ma fieri, l’ambientazione è cupa e ti immerge totalmente nel periodo storico in cui si svolge la vicenda.

Una sensazione di inquietudine ti prende fino all’ultima pagina e il desiderio di leggere anche l’altro romanzo della serie diventa impellente.

Nonostante il tema scabroso inscenato, amori omosessuali costellati da violenze fisiche e psicologiche, l’autore non scade mai nel volgare. Le scene di sesso sono appena accennate e quindi l’attenzione viene spostata sui risvolti mentali ed emotivi della vicenda.

Una descrizione molto accurata dell’ambientazione e dei vari personaggi che partecipano alla vicenda, aiuta il lettore ad entrare nella storia.

Bello, veramente, da leggere assolutamente!

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