Recensione “Fuga dalla peste nera” di Vincenzo Malavolti

 

 

 

Lorenzo, garzone orfano di padre, e Angelica, figlia del capo dei panettieri della città, sono due giovani che si amano appassionatamente nel cuore della Genova del 1341, purtroppo vittime dei costumi del loro tempo, non molto inclini ai matrimoni tra classi diverse. Per coronare il loro amore, i due decideranno di fuggire a Caffa, nel Mar Nero, la più lontana e la più ricca colonia della Repubblica genovese. Sarà da questa città, divenuta la “regina del mar nero” che, nel 1347, si scatenerà lo scenario che darà vita alla più grande tragedia di tutti i tempi: la Peste Nera. La “grande moria”, veicolata sia dall’uomo, sia dai topi con le proprie pulci infette, inizierà a invadere tutto il Mediterraneo e i paesi che vi si affacciano, per arrivare ai confini estremi di tutta Europa, uccidendo oltre un terzo della popolazione. I due giovani dovranno vivere in questo diluvio epidemico che spezzerà le loro vite. Ritorneranno nella Penisola per sfuggirne, ma ne saranno inseguiti e perseguitati, fino a trovare rifugio nei pressi di un Castrum in Romagna, un luogo pressoché abbandonato, come tanti villaggi in quei tempi oscuri e quasi dimenticati dalla nostra memoria.

Ho sinceramente avuto l’impressione di aver letto la prima bozza di questo romanzo, quella in cui l’autore annota la storia e le informazioni salienti, per poi unirle in seguito in modo omogeneo

La parte iniziale pare più un interessante trattato storico, al quale vengono introdotte bruscamente le vicende di due giovani, Lorenzo e Angelica. I due ragazzi sono innamorati ma, senza l’approvazione del padre di lei, che la vuole maritare ad un uomo della stessa classe sociale, sono costretti a fuggire a Caffa, dove avranno una vita libera e felice .

A causa però della peste, sopraggiunta dall’Oriente per mano dei Tartari, intraprendono il viaggio di ritorno in patria.

Mi ha dato molto fastidio che la storia dei due ragazzi venisse continuamente interrotta per inserire note storiche e geografiche varie, così come se durante la visione di un film , ci fosse un commentatore che continui a mettere in pausa la proiezione per fare le sue considerazioni.

Se dal punto di vista cinematografico o televisivo questa cosa potrebbe essere già abbastanza fastidiosa, immaginatevelo in un romanzo!

La storia e le informazioni in sé sono molto interessanti, si percepisce un buon lavoro di ricerca, quindi suggerisco all’autore di riprendere in mano totalmente il suo manoscritto e di farlo revisionare ed editare, in quanto ci sono moltissimi refusi, si è abbondato con l’utilizzo dei tre puntini di sospensione e dei vari “eh eh eh “ e “ah ah ah” altamente urticanti. Dovrebbe anche trovare il modo di miscelare la storia dei due giovani con le informazioni che vuole dare sugli avvenimenti storici culturali, per apportare quella omogeneità che consenta una lettura gradevole del suo romanzo.

firma Anna

ELEONORA

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