Recensione “BRAVE la signora dei draghi” di Chiara Mineo

 

 

 

 

 

 

Brave ha diciotto anni, è fragile e indifesa. Esiliata dalla sua terra è costretta a fuggire dalle grinfie del Carceriere finché non incontra Dragos, il re vichingo di Neubourg. Brave non può sfuggirgli, è destinata ad essere sua: adesso appartiene al suo popolo. Per la prima volta, vicino a Dragos, sente di poter ascoltare il suo cuore, ma il passato cercherà di dividerli. Una crudele legge si frappone tra lei e il re: per i vichinghi l’amore è solo una debolezza. Brave dovrà imparare ad essere forte e coraggiosa; dovrà affrontare il passato e salvare il suo amore. Perché lei è la Signora dei Draghi e i draghi reclamano il suo sangue.

«No!» gridò ancora Brave, ribellandosi.
«Ferma!» ringhiò lui. L’agguantò per i capelli e la costrinse in ginocchio.
Poi, fissandola dritto negli occhi dorati, le disse: «Questo è il regno di Neubourg e queste sono le sue leggi.»
E la marchiò per sempre.

Pur poggiandosi su una trama non esattamente originale, il racconto scorre bene di pagina in pagina catturando il lettore in questa storia. Nulla è realmente preannunciato e alcuni “colpi di scena” regalano sussulti e rinnovano l’attenzione.

La protagonista è in se fragile e impreparata alla vita come lo può essere ciascuno di noi quando ci troviamo di fronte ad un cambiamento radicale della nostra vita, a partire dai luoghi per poi arrivare alla cultura del paese che ci ospita.

La sua difficoltà di lettura degli usi di questo popolo così diverso dal suo e il difficile adattamento agli stessi, ci fanno riflettere su un fenomeno ormai abusato dai media anche nella nostra realtà quotidiana: l’immigrazione. Quanto può essere difficile comprendere usi e costumi di un popolo se non c’è nessuno che ti aiuta a comprendere? Quanto la lingua, e la sua conoscenza, può fare la differenza?

Ma soprattutto quanto il nostro passato, e ciò che vogliamo condividere di lui, ci può ostacolare nel rifarci una nuova vita? Brave tutte queste difficoltà le vive realmente sulla sua pelle, con l’oppressione del non aver scelto di cambiare ma di averlo dovuto fare per forza.

La fortuna di Brave, però, si materializza in Dragos, aitante vichingo.

Dragos è in una posizione di rilievo nel suo villaggio e tra la sua gente, ha imparato fin da piccolo il valore delle sue tradizioni, le lezioni dure della vita ed ha imparato a combatterle e a non arrendersi mai. Ma Dragos è anche un uomo giusto, capace di leggere oltre le situazioni  e questo lo aiuta a vedere Brave per ciò che è: un essere umano incapace di difendersi dalla sua gente che non capisce, ma soprattutto, una possibilità.

Il susseguirsi degli eventi identificherà un nemico che diventerà comune e infido, proprio per la sua natura. Il passato può essere un grande conforto nella disperazione, ma può trasformarsi in un incubo assai più devastante della realtà che sembra così amara.

Quando due mondi, due culture, due vite così diverse si incontrano può accadere solo che, nel bene o nel male, si cambino a vicenda. Ciascuno è e può imparare dall’altro così come noi facciamo sempre nel quotidiano, lasciando inconsapevolmente un pezzetto di noi agli altri a cui, altrettanto inconsapevolmente, rubiamo qualcosa.

La narrazione è fluida e la storia scorrevole, il finale è piacevole e, seppur non stupisce, contiene anch’esso un monito importante: dovremmo veramente smettere di rincorrere ciò che ci dicono sia più importante e aprire gli occhi, cercando nel nostro cuore cosa è veramente importante.

SENSUALITA’

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