Recensione “Arsenico e dolci vecchietti” di Rossella Calabrò

 

 

 

Amiche dai tempi del liceo, Marina, Fiamma e Ester sono belle, glamour, ironiche ed eleganti (Ester mica tanto), un po’ come le protagoniste di Sex and the City. Anche se, rispetto a loro, sono un po’ più grandicelle. Più sul genere Ex and the City, diciamo. Le nostre ex ragazze hanno insomma quell’età che regala, alle più fortunate, genitori molto, molto anziani. In questo caso, tre vecchietti satanici, temerari, per di più vedovi, che vivono soli e si cacciano di continuo nei guai, peggio dei bambini. Ingestibili, ingovernabili, capricciosissimi, i tre sembrano fermamente determinati a trascinare le figlie nella fossa ben prima di loro. Soprattutto quando decidono di noleggiare truffaldinamente un furgone dalla carrozzeria zebrata e compiere un misterioso quanto stralunato viaggio in Svizzera.
Un comico e struggente romanzo on the road, accompagnato da una colonna sonora anni Sessanta e Settanta, per esorcizzare i sentimenti contrastanti che ogni figlio prova – o ha provato – per i propri genitori.

Amore ed egoismo possono coesistere? Accettare di invecchiare, accettare di essere un po’ come i propri genitori, pur essendo diversi, non è così semplice. E i nostri protagonisti, tutti loro, ce lo confermano: “Tante volte, il dienneà. Ci si assomiglia senza saperlo, anzi, rinnegandolo con tutte le forze. E invece”.

Com’è difficile, a volte, scendere a compromessi, capire e farsi capire. In questo romanzo l’autrice riesce a strapparti un po’ il cuore, soprattutto se hai una situazione simile in casa. Io mi sono commossa, mi sono lasciata trasportare dall’amore e dall’egoismo che mi appartengono. Sono dell’idea che per poter sopravvivere non ci si debba annullare per stare dietro ad un genitore che, per quante possa avercene fatte in vita, sia di belle che di brutte, ci potrebbe togliere quella libertà che ci deve invece appartenere. Aiutarlo, lasciargli i suoi spazi, sì. Ma capita anche di dover prendere noi le redini della loro vita, come alcuni di loro hanno fatto con noi, da piccoli. Quindi decidere noi quale sia la miglior soluzione per loro e per noi stessi. Non diamo per scontato di mettere tutti in un ospizio, non sarebbe giusto, né diamo per scontato che siamo noi a doverci finire, per non far star male loro.

Questo libro fa riflettere. E molto. È lento, sì, è un po’ anzianotto anche lui, per come è scritto: ha i suoi tempi, fa le sue riflessioni, cammina piano piano, appoggiandosi alle storie di una o dell’altra figlia. Potrebbe capitare di immedesimarvi in qualcuno di loro oppure no. Ma saprete di cogliere un pizzico di ciascuna di loro. Perché che abbiate genitori anziani o nonni nelle loro condizioni, non potete non aver percepito anche una minima parte di quello che sentono le protagoniste.

Leggere qualcosa che fa riflettere, ogni tanto, non fa male.

Lo consiglio.

firma Claudia

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