Recensione “Anna l’inferno in una bottiglia” di Martina Longhin

 

 

 

 

Stella è una giovane donna che crede nell’amore e nella famiglia. Sogna il principe azzurro e lo trova in Toni, un ragazzo del paese gentile e affascinante. Si innamora perdutamente di lui, lo sposa, ma troppo presto il suo sogno si trasforma in un incubo. Dov’è l’uomo dolce e premuroso? Chi è veramente Toni? E le domande assillano la mente: sono io a essere sbagliata? Non gli sono vicina come lui vorrebbe? Non posso lasciarlo, come farei a sopravvivere? Cosa penserebbe la gente? I figli hanno bisogno di un padre, devo sopportare, soprattutto per loro. Quesiti che non bisogna porsi. Di fronte alla violenza, l’unico colpevole è chi la mette in pratica: il violento. Un dramma come tanti, una vicenda realmente accaduta, terrificante, che coinvolge non solo una donna, ma anche i bambini. Anna, la figlia maggiore, racconta la tirannia di un padre padrone. Rivive le vicende che l’hanno portata a crescere in fretta, che la fanno partecipe di un mondo che, purtroppo, oggi è una realtà. Un inferno dal quale è necessario fuggire senza paure, senza nascondersi. Un libro di denuncia, un testo per spronare le donne a uscire allo scoperto, a scovare il coraggio per abbandonare uomini che tali non sono. Vittime che devono trovare la forza per staccarsi da padroni ignoranti, da soprusi che nessuno deve subire. Mai. Per nessuna ragione.

La storia raccontata dagli occhi di una ragazza, la figlia della vittima.

La violenza domestica è la vera protagonista, tema ormai e purtroppo troppo attuale, quante donne al giorno d’oggi sono ancora le vittime in casa?

Quanti omicidi derivati da violenza domestica si vedono al notiziario?

Sono sempre troppe.

In questa storia è la bottiglia, cioè l’alcool, la scusa della violenza, la gelosia che ne scaturisce quando i sensi sono annebbiati, la violenza e poi le scuse, il “non lo faccio più” e l’accettazione in nome del ricordo di quell’amore che non lo è più da tempo.

Non credo ai cambiamenti di soggetti simili, e se non è l’alcool a farli agire troveranno sempre qualcosa o qualcuno per reagire e fare del male.

La vittima non deve subire, non deve arrendersi, deve denunciare questi atti osceni e violenti.

Da un semplice schiaffo, dato in un momento di rabbia ne scaturisce l’orrore e la fine.

Così Anna racconta la storia della madre Stella, giovane ragazza rimasta incinta troppo giovane di un uomo che con il solito bicchierino di troppo inizia a usare le mani.

La forza di andare avanti, la non forza di denunciare, l’amore per i propri figli, e il sogno di famiglia.

Quante aspettative si frantumano contro una bottiglia?

Tratto da una storia vera, e solo questo mette i brividi.

ELEONORA

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