Cover Reveal “Illusioni sommerse” di Cristiano Pedrini

 

 

 

 

 

 

Norman Foster, un importante e acclamato scrittore, sta per presentare uno dei libri più attesi dell’anno alla Victoria Hall,  una delle librerie più prestigiose di Londra. I suoi titoli sono sempre stati coronati dal successo del pubblico, dopo il felice e misterioso esordio avvenuto anni prima.

Tra il pubblico,  ad assistere a quell’avvenimento, lo attende Jayce Cavendish, rampollo di una facoltosa famiglia americana. La sua presenza non è altro che l’ennesimo tassello che egli, con pazienza e perseveranza, ha posato per completare il mosaico della sua vendetta personale che avrà come epilogo la morte inattesa dello scrittore.

Sarà compito dell’ispettore di Scotland Yard Cedric Devonshire scoprire chi si nasconde dietro la scomparsa dell’autore e suo malgrado accettare l’invito di  Jayce, conscio di essere uno dei principali sospettati,  a riunire nella sua residenza di Keswich tutti coloro che avevano conti in sospeso con la vittima.

Un giallo romantico e intenso, dove amore, morte e vendetta, fluttueranno davanti agli occhi dei protagonisti trascinandoli in un’avventura piena di suspense, azione e passione.

Capitolo Primo

L’ospite

 

Il fuoco ardeva, rompendo il silenzio della stanza con il suo lieve scoppiettio e proiettando ombre sinuose sulle pareti. Animava i dorsi delle lunghe file di libri, riposti con meticolosa cura sui ripiani delle librerie di frassino che occupavano, con la loro imponenza, tutta la parete a nord di quello che era sempre stato lo studio privato e la biblioteca della blasonata magione edificata in quella località tanto particolare nella metà dell’Ottocento. Un’altra particolarità che faceva di quella stanza un luogo tanto ricercato erano i suggestivi dipinti racchiusi in pesanti e ornate cornici, ma che potevano pregiarsi solo del ruolo di semplici comparse: il loro unico scopo era di circondare il vero e indiscusso protagonista, che in silenzio osservava le fiamme.

Egli si mosse appena, posando le spalle contro la poltrona rivestita di broccato amaranto. Sollevò lo sguardo verso la pendola che al pari di un alfiere sembrava scrutasse ogni sua mossa ricordandogli con il suo interminabile ticchettio lo scorrere del tempo. Socchiuse gli occhi concedendosi gli ultimi istanti di pace che riusciva a cogliere in quella grande casa. Quello era il suo regno, il luogo che nessun altro poteva permettersi di invadere senza pagare il giusto tributo alla sua persona. Un tributo che diveniva, giorno dopo giorno, sempre più oneroso per chi aveva l’ardire di provarci.

Una serie di colpi alla porta riuscirono appena a scalfire quell’atmosfera.

«Signore, è ora» esordì la voce pacata giunta alla sua destra.

Egli girò il viso verso la porta aperta dalla quale penetrava una luce fioca ma capace di scacciare la penombra della stanza. Un sorriso enigmatico comparve su quel volto niveo, accompagnato da un veloce battito delle lunghe ciglia nere come il più prezioso degli opali.

«Grazie, Eleonor. Aspettami nell’atrio» le rispose tornando a fissare il fuoco che iniziava a diminuire d’intensità. Presto si sarebbe spento, consumando le sue ultime energie.

Sorrise ripensando a come quella donna amava chiamarlo. Non usava mai il suo nome, preferendogli quel titolo, pronunciato con un tono solenne che apparteneva a un’epoca remota. Lui, un signore… a ventun anni appena compiuti. Le sue sembianze erano assai più vicine a quelle di un adolescente che a quelle di un individuo che stava per superare gli ultimi confini della maturità. Forse era solo un’altra contraddizione della sua esistenza.

Si rialzò ritrovandosi a fissare il suo riflesso nel grande specchio che mostrava la sua intera figura. Si avvicinò allungando la mano e lasciò che scivolasse lentamente sulla superficie gelida accarezzando i contorni di quel viso che molti avrebbero definito un perfetto connubio di grazia e superbia. La superiorità che lo rendeva al tempo stesso preda e cacciatore, capace di paralizzare con lo sguardo chi aveva dinnanzi, obbligandolo a scegliere quale ruolo assumere. Quello sguardo, impreziosito dagli occhi bruni, tanto gentili quanto amabili, era capace di suscitare invidia e avversione, che poteva crescere a dismisura se, dimenticandosi di essi, ci si addentrava alla scoperta di ciò che quel corpo slanciato e fragile nascondeva.

Si passò le mani tra i capelli castani, le cui sfumature intense riuscivano ad avvolgere il viso simile a quello di una preziosa bambola destinata a essere unicamente ammirata.

Egli indietreggiò e raccolse il bastone posato accanto alla poltrona impugnandone il pomo argentato.

È inutile indugiare oltre convenne incamminandosi verso la porta

Cristiano Pedrini, bibliotecario dal 1998 nella provincia di Bergamo, giornalista pubblicista,  dopo numerose esperienze nel campo del volontariato sociale e culturale,

è stato direttore artistico della Fiera del Libro dell’Isola Bergamasca dal 2006 al 2010 e del Cineteatro “Giuseppe Verdi” dal 2006 ad oggi.

I primi ricordi sul “piacere” dello scrivere” appartengono alla scuola elementare dove attendevo con impazienza l’ora del tema in classe! Dopo una lunga pausa nell’estate del 2014 ha riscoperto, intatta la passione dello scrivere ritrovando se stesso.

Ha pubblicato Klein Blue (Aletheia Editore), Le regole di Hibiki (Fdbooks), L’ombra del principe (Triskell) e diversi altri titoli pubblicati in Self.

 

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