Recensione “Il gioco dei Dumpire” di Andrea Varano

 

 

 

 

 

In una Milano futuristica e spenta, devastata dalla Guerra dell’Energia contro la Francia, l’ex pilota di linea Nebbioni si unisce alla Clinica del professor Visconti nel dare la caccia ai Dumpire, vampiri cibernetica il cui morso è capace di rubare i ricordi. Nessuno sa della loro esistenza, perché i Dumpire sono la frontiera inconfessabile nella guerra di spie che le Corporation ingaggiano per il nuovo oro nero: le informazioni. Perversi ma anche instabili, cosa succede ai Dumpire quando vanno fuori controllo e l’assuefazione da esperienze altrui li spinge a mordere chiunque, senza freni? Saprà Nebbioni come fronteggiarli? E cosa lo spinge a dar loro la caccia?
Un romanzo ricco di azione e di idee sullo sfondo di un’affascinante Milano di fine secolo, finalista al premio Odissea 2017.
“Un esordio tra i più brillanti. Andrea Varano estrapola da tecnologie già esistenti conseguenze inquietanti e persuasive, dimostrando che fantascienza e intelligenza non fanno rima a caso” (Valerio Evangelisti).

Tutte le volte che mi trovo tra le mani un libro di fantascienza tremo. Perché è uno di quei generi che non perdonano: o lo sai scrivere, lo pensi e lo progetti per bene, oppure il rischio di fallimento è dietro l’angolo (anzi, dietro la pagina visto che parliamo di libri). E quando chi legge ha nella lista dei suoi titoli preferiti i lavori di Philip Dick e di Isaac Asimov il rischio di restare delusi c’è. Invece “Il gioco dei Dumpire” è stata una bella scoperta.
Anzitutto la scelta di ambientare la storia in una Milano del futuro, con protagonisti per lo più italiani con dei nomi persino dal gusto retrò, l’ho trovata azzeccata e per niente scontata. Milano, nel 2084, possiamo immaginarcela esattamente come la descrive l’autore: ancora più sporca, umida e appiccicosa, grigia sia nel cielo che nei colori, soffocata in un’atmosfera opprimente.

Ci sono automobili che volano e, soprattutto, ci sono i neurovisori: dispositivi incastonati nel cervello delle persone che hanno la funzione di quella che potremmo definire una costante connessione a internet. Diciamo che è un po’ l’estremizzazione di ciò che, in fondo, viviamo anche ora: siamo costantemente collegati alla rete, al punto da esserne dipendenti. Varano prende questa dipendenza e la porta al parossismo. I neurovisori portano la rete direttamente dentro la testa: non è più la persona che vi si addentra dall’esterno, è quella realtà fittizia e illusoria che penetra totalmente l’essere umano, annientando la percezione di sé e della vita vera, concreta, trasportandolo in un mondo dal quale non si vuole più uscire e da cui si diventa dipendenti.

Anche gli stessi Dumpire (termine che coniuga Dump, inteso come elemento di backup e, quindi, delle informazioni, e Vampire), veri e propri vampiri dei pensieri e dei ricordi, sono figure allegoriche… una delle minacce del nostro tempo è proprio l’intrusione di qualcuno di esterno che possa frugare tra le nostre informazioni e derubarci della nostra identità. È esattamente questo che fanno i Dumpire ed è per questo che nessuno, al di fuori degli agenti e degli scienziati della clinica del professor Visconti, è al corrente della loro esistenza.

I personaggi sono tutti ben caratterizzati e, se pur forse non brillino di originalità ( i ruoli che ricoprono e alcuni meccanismi psicologici sono, tutto sommato, abbastanza stereotipati e prevedibili), si empatizza fortemente con ciascuno, persino con quelli “cattivi”. Oltre alle azioni viene dato ampio spazio all’aspetto psicologico e alla storia personale, che è sempre il motore delle loro scelte di vita, nel bene e nel male.

Uno dei punti di forza di questo libro è il ritmo. All’inizio, la narrazione procede abbastanza tranquillamente, dando modo al lettore di ambientarsi e di familiarizzare con i vari personaggi. Alcuni brevi capitoli sono in flashback, per fornirci importanti elementi utili a contestualizzare la vicenda. Una volta che tutte le carte sono state messe sul tavolo, però, l’azione diventa serrata e non si riesce a smettere di leggere fino alla fine della scena. Tutto questo avviene in un crescendo che, negli ultimi capitoli, non lascia respiro. Ci sono parecchi combattimenti -li definirei proprio così, perché di fatto è una guerra quella che viene raccontata-, alcuni anche cruenti, con sparatorie e spargimenti di sangue. Varano, qui, “dirige” magnificamente, senza perdersi dietro a dettagli inutili ma, allo stesso tempo, descrivendo le scene talmente bene che pare di vederle davanti a uno schermo al cinema; il tutto senza mai farci perdere il filo con l’emotività dei personaggi, componente che il più delle volte influenza le azioni, anche nelle situazioni estreme.

Il crescendo di ritmo e tensione procede a regola d’arte e trova il suo apice, riservandoci qualche sorpresa verso la fine. Ma il vero colpo di scena è nella conclusione, dove ci aspetteremmo un finale più o meno rassicurante e invece le carte vengono rimescolate, aprendo la trama a un secondo capitolo. Sì, perché questa è solo la prima parte della storia: ce ne sono altri due in stesura. Ecco, devo essere sincera: anche se un po’ me lo aspettavo (leggendo gli ultimi capitoli mi rendevo conto che c’erano troppi fili lasciati ancora pendenti), avrei preferito che all’ultima pagina, alla parola “Fine” corrispondesse davvero la conclusione definitiva. Sarà perché è un libro già così intenso e coinvolgente e, tutto sommato, non ci sarebbe voluto tanto per “chiudere il cerchio”… invece succede un po’ come quando si sta guardando un film e, proprio all’ultima scena, la proiezione si blocca e noi rimaniamo lì davanti allo schermo spento, insoddisfatti e scocciati. Devo riconoscere che Varano ha saputo giocare bene anche la carta del finale aperto. A questo punto, possiamo solo attendere che esca il secondo capitolo…

Il mio giudizio complessivo: ottimo libro, consigliato sicuramente agli amanti del genere e che non si facciano troppo impressionare dalle scene splatter.

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