Recensione “Giallo all’ombra del vulcano” di Letizia Triches

 

 

 

 

 

 

 

È una mattina come tante, quella in cui Rachele De Vita saluta suo marito ed esce di casa per andare al lavoro. Cinque giorni più tardi il suo corpo viene ritrovato tra le rocce del tratto di costa compreso fra Aci Trezza e Acireale, straziato da sette colpi di pistola. Come si giustifica tanta ferocia nei confronti di una ragazza dall’esistenza apparentemente molto tranquilla? Le indagini sul caso vengono affidate al pubblico ministero Elena Serra, che inizia da subito a ricostruire nel dettaglio la vita della vittima: quel che ne emerge è un quadro complesso fatto di mezze verità, di piccole e grandi menzogne, che coinvolgono gli affetti recenti e passati della giovane archeologa. Giuliano Neri, a Catania per aiutare un amico in un’opera di restauro, sarà ancora una volta coinvolto in un caso di omicidio in cui l’arte si intreccia spesso con la realtà. Insieme al magistrato, si renderà conto che ci sono passioni distruttive che continuano a bruciare tra i vicoli della città ai piedi dell’Etna. Con la stessa forza del magma sotterraneo del vulcano…

 

In un Catania rovente sotto il sole estivo, ricca di meraviglie storiche e archeologiche, Rachele De vita, giovane archeologa, viene assassinata con sette colpi di pistola.

A condurre l’indagine non un solo investigatore ma addirittura due: il PM Elena Serra e il restauratore Giuliano Neri, la prima torinese, trasferita in Sicilia da tre anni; l’altro genovese, giunto a Catania per aiutare un collega nel recupero di un’antica villa che diventerà un museo civico.
Sono una divoratrice di gialli fin da ragazzina, mi sono sempre divertita a tentare di anticipare la trama e indovinare chi fosse l’assassino prima di arrivare al finale del libro.

Da un giallo mi aspetto mistero, domande insolute, intrecci di storie e indizi, colpi di scena, personaggi caratterizzati a cui affezionarsi.

Ci prova, Letizia Triches, a fondere questi elementi.

Il risultato che ottiene però non è, forse, quello sperato.

C’è da dire che, da quando Camilleri ha iniziato a pubblicare i suoi romanzi, ogni giallo ambientato in Sicilia subisce un confronto spietato.

Temo che anche a questo “Giallo all’ombra del vulcano”  tocchi la stesa sorte. Intendiamoci: la storia si regge in piedi benissimo, è ben scritta e si è curiosi di arrivare alla conclusione per sapere (o avere conferma di) chi è l’assassino.

L’impressione generale però è che le tinte scelte per narrarlo siano sbiadite.

I due protagonisti non hanno nulla di speciale che li caratterizzi (se non un aspetto attraente); i comprimari sono un po’ troppo stereotipati, come se a ciascuno fosse affidato un aspetto di ciò che, nell’immaginario collettivo, rappresenta il siciliano “tipico”.

Catania è descritta ma resta solo sullo sfondo; un’elegante scenografia appena accennata, della quale non riusciamo a distinguere ed apprezzare i dettagli.

Questa a mio parere è la mancanza che si fa sentire di più e che, forse, poteva dare un altro spessore alla storia.

Per tornare alla metafora delle tinte, avrei voluto dei colori più vivaci e brillanti per lasciarmi coinvolgere totalmente dalla storia.

È comunque accattivante la scelta dell’archeologia come argomento centrale; c’è anche una componente sentimentale che dà un pizzico di brio a tutta la storia e strizza l’occhio al lato romantico del lettore.
Non è sicuramente un capolavoro nel suo genere, ma tirando le somme “Giallo all’ombra del vulcano” si fa leggere gradevolmente e regala qualche ora piacevole.

 

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